ebook di Fulvio Romano

domenica 8 ottobre 2017

La storia Dieci anni di controriforme per inguaiare gli avversari

LA STAMPA

Italia


Dal Porcellum all’Italicum, fino all’ultima giravolta

Rispuntano le coalizioni perché il M5S non può farle

L’ormai leggendario Porcellum, la legge elettorale studiata da Roberto Calderoli e approvata a fine 2005, era una buona legge elettorale. Era maggioritaria, aveva un premio di governabilità per chi avesse superato il quaranta per cento e prevedeva le preferenze, cioè gli eletti erano scelti dagli elettori e non dai partiti. Ma sentite qui che le è capitato. Da maggioritaria divenne proporzionale perché Pier Ferdinando Casini, allora capo dell’Udc, contava di raccattare più parlamentari. La soglia per il premio di governabilità venne tolta da Silvio Berlusconi perché voleva prendersi il premio comunque (e la pretesa si è rivelata incostituzionale). Le preferenze vennero eliminate da Gianfranco Fini perché aveva molti voti al sud, e non intendeva tirarsi dentro personaggi troppo sulfurei e con troppe preferenze. E cioè ognuno degli alleati della Casa delle Libertà si risistemò la legge a proprio piccolo vantaggio. E ne uscì l’obbrobrio che il politologo Giovanni Sartori ribattezzò col nome con cui è poi passato alle cronache, e forse anche alla storia. Non fu un grande affare, comunque. Nonostante i magheggi, le elezioni del 2006 le vinse il centrosinistra e il premio di governabilità se lo prese Romano Prodi, altro che Berlusconi. Quanto a Casini e all’Udc, e a Fini e An, sappiamo che fine hanno fatto, Porcellum dopo Porcellum, a dimostrazione che adattarsi le leggi elettorali con piglio sartoriale è un esercizio autolesionistico: non calzano mai.

Ora si approverà la nuova legge elettorale, il Rosatellum, architettato secondo le convenienze e le aspettative dei contraenti, ma soprattutto secondo la visione sclerotica della nostra combriccola politica. La legge votata soltanto due anni fa, l’Italicum, e poi smantellata dalla Corte costituzionale, aveva l’obiettivo di condurre un solo partito al governo, e di far fuori coalizioni e cespugli, cioè i partitini che con quattro voti si prendono ministeri e diritto di veto. Il Rosatellum va esattamente dall’altra parte: sì alle coalizioni, sì ai partitini, soprattutto sì alla prospettiva di rimettere in piedi governi di alto meticciato. Questo è davvero un capolavoro, funziona così: si fa una coalizione, se si supera la soglia del dieci per cento tutti i partiti della coalizione entrano in Parlamento, e poi ognuno per la sua strada, se è il caso. Cioè, se Berlusconi riterrà di allearsi con Salvini e Meloni e altri gruppuscoli buoni a fare legna, nulla gli vieta, il giorno dopo il voto, di salutare gli amici e mettere su governo con Matteo Renzi. Come è possibile che nel tempo della medesima legislatura, e con la medesima maggioranza, si siano progettate due leggi così clamorosamente opposte? Quale filosofia politica guida il Parlamento, oltre alla temperatura del giorno?

Il grillino Danilo Toninelli, al di là del linguaggio da assemblea ginnasiale (ha chiamato la legge Merdellum, termine più che altro appropriato alla produzione intellettuale del momento), ha qualche solida ragione. Un sistema del genere ha la conseguenza, programmatica o meno, di fregare il Movimento cinque stelle che non intende fare coalizione, ed è noto da secoli, e che finirà col prendere più voti che seggi, mentre gli altri prenderanno più seggi che voti.

Una legge progettata su presupposti tanto modesti non potrà che seguire il destino del Porcellum, la cui pochezza fu evidente il giorno dopo la nascita. E toccò mettersi lì a ragionare su come riaggiustarla, senza gran successo, visto che è servita a tre legislature. È difficile immaginare che una legge imbastita per gli amici, e contro i nemici, e secondo le urgenze di oggi, torni utile alle urgenze di domani, forse perché una buona legge ignora le urgenze quotidiane ma funziona indipendentemente da qualsiasi urgenza. Dura quanto una Costituzione, e che tiri vento o splenda il sole. Quella del Regno Unito fra quindici anni compirà i due secoli di vita. Quella degli Stati Uniti è in vigore dal 1842, quella della Germania dal 1956, quella della Francia dal 1958. L’Italia dall’Unità (1861) ne ha cambiate più di dieci. Il proporzionale in corso nella Prima repubblica è stata la più longeva, e se n’è andata a quarantasette anni. Nella seconda Repubblica, Italicum compreso, una volta approvato il Rosatellum saremo a quota quattro. Per mettersi lì a tracciare la quinta è questione di mesi, e di nuovi capricci.

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Mattia Feltri


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