ebook di Fulvio Romano

domenica 3 febbraio 2013

Cosa non va della riforma delle pensioni "secondo" Beppe Grillo...(tutto...)

... Dio ce ne scampi. Se avevate pensato di sfogarvi con Grillo, leggete questo post scritto con la testa di un esperto e non con la pancia di un bravo comico e capirete che stavate per fare una cavolata...


nonunacosaseria è il titolo del blog)

GIOVEDÌ 18 AGOSTO 2011

La riforma delle pensioni secondo Beppe Grillo
Oggi Beppe Grillo – scusate se continuo a occuparmi di questo personaggio, ma purtroppo ogni sua sortita è un ulteriore decadimento del livello generale di dibattito che c’è in Italia – se la prende con le pensioni, in una maniera che forse nemmeno il ministro Sacconi oserebbe fare.
La partenza – come spesso succede – è giusta: “Ma qualcuno sano di mente pensa realmente che con 19 milioni di pensionati e 4 milioni di dipendenti pubblici possiamo farcela?” Infatti, è questo il problema che da decenni viene fatto presente all’Italia dagli economisti e dalle organizzazioni economiche internazionali, dalle agenzie di rating e dalle banche centrali: un sistema di spesa focalizzato sulle pensioni e su un numero di dipendenti pubblici troppo alti. E’ quel che segue nel ragionamento grillino che è insulso.

Scrive Grillo: “Il numero di dipendenti pubblici è pari alla popolazione dell'Irlanda e noi stiamo a fare il tricchetracche sulle Province. Vanno chiuse tutte, che altro c'è da discutere?”
Ok, però allora non ti nascondere dietro un dito e dillo chiaramente: i 61mila dipendenti provinciali che oggi ci sono in Italia vanno licenziati. Via, siamo buoni: ne mandiamo a casa solamente un terzo, ventimila in tutto? Bene, hai ventimila persone in più in cerca di occupazione. Un problema sociale enorme. Tra l’altro, con un ulteriore aggravio alle casse dello Stato, perché a questa gente dovrai pagare anche il trattamento di fine rapporto e, a naso, è qualche centinaio di milione di euro, ossia quel che hai risparmiato mandando a casa presidenti di provincia, assessori, consiglieri e costi accessori.

Continua Grillo: “Le pensioni in essere vanno erogate con il metodo contributivo, tanto hai dato, tanto prendi”.
E’ esattamente quel che sta avvenendo per tutti i neoassunti dal 1995 ad oggi e per tutti coloro che, sedici anni fa, avevano meno di diciotto anni di contribuzione relativamente al periodo di tempo successivo al 1995. Qualcuno informi Grillo. A meno che per “pensioni in essere” non intenda “a chi è già in pensione”: in tal caso, avremmo un’altra bomba sociale (in parecchi ci rimetterebbero e non parlo di gente che prende due o tremila euro di pensione: la media delle retribuzioni pensionistiche è 12mila euro l’anno, mille euro al mese), oltre che una violazione della Costituzione (i famosi “diritti acquisiti”) e una trovata economicamente stupida (i contributi versati dai pensionati di oggi sono stati spesi da anni).

Ancora: “La riforma delle pensioni deve iniziare da chi in pensione c'è già senza alzare continuamente l'asticella dell'età pensionabile accampando la scusa risibile dell'aspettativa di vita”.
Facendo ancora una volta tabula rasa del principio costituzionale dei diritti acquisiti, in sostanza il tribuno genovese propone di tagliare le pensioni dei pensionati attuali. Secondo l’Istat i pensionati che percepiscono più di 2mila euro al mese – che è una buona cifra, sì, ma non abnorme – sono 2milioni e 600mila (il 15% del totale). Riduciamo loro la pensione fino a, boh?, 1.500 euro mensili? Bene, quanto verrà fuori? Quanti giovani o non ancora pensionati ci potranno campare con la loro riduzione? Ma Grillo li fa questi calcoli elementari prima di scrivere cazzate sul suo blog?

Si legge poi: “Non ha senso che ci siano doppie e triple pensioni, una basta e avanza”.
Secondo i dati Istat-Inps, il 32.8% dei pensionati percepisce più di una pensione, ma tre volte su quattro si tratta di invalidità civile o indennità per infortuni e malattie sul lavoro. Insomma, il ragionamento di Grillo sarebbe giusto se non fosse che nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di persone che ne hanno realmente bisogno (eccezion fatta per i falsi invalidi, ma allora il problema è un altro).

Infine: “Non me frega un cazzo delle statistiche. Dopo 35 anni di contributi ho il diritto di riposarmi. Un operaio non andrà in pensione a 70 anni, sarà morto prima”.
Giusto. Però qui si vuole la botte piena e la moglie ubriaca: perché se un operaio deve andare in pensione dopo 35 anni e prendendo soltanto quel che ha versato, ho idea che faticherà assai per campare... Perché questo è il grande dramma, caro Grillo. Quando quelli della mia generazione – e di tutte quelle dopo la mia – andranno in pensione prenderanno poco perché poco hanno versato. Inoltre, poiché già oggi stanno (stiamo) guadagnando poco, la possibilità di farsi una pensione integrativa è riservata a non molti. La maggioranza, una volta in pensione, cadrà in miseria senza che i tribuni di oggi, interessati solamente al breve periodo e lungimiranti quanto un Calderoli o un Sacconi qualsiasi, ci abbiano pensato.

Quel che preoccupa di più è che i lettori di Grillo, gente che sta sul web, che si informa, che ritiene non soltanto di avere la schiena dritta, ma pure un surplus di intelligenza rispetto all’elettore berlusconiano o piddino, non contesta certe trovate estemporanee, ma le accetta come se niente fosse.
nonunacosaseria