LA STAMPA
Italia
“Questo disastro è colpa
anche della riforma
che ha abolito i Forestali”
L’ex direttore della scuola antincendi:
“Scarsa preparazione ed elicotteri a terra”
«È stato un anno disastroso sul fronte degli incendi. Ed è anche colpa della disorganizzazione». Silvano Landi, generale del corpo forestale di Stato in pensione, da ex direttore della Scuola di Cittaducale (Rieti) ha insegnato a generazioni di forestali, ed è stato docente universitario di lotta agli incendi.
Perché parla di disorganizzazione? «Quest’estate in Abruzzo i boschi del monte Morrone sono bruciati per venti giorni consecutivi, altrettanti al monte Giano, ora in Val di Susa. Ritengo che in parte la colpa dipenda dalla riforma Madia, con il passaggio di consegne dal Corpo forestale agli altri corpi, i carabinieri e i vigili del fuoco, la cui specificità erano fino a poco tempo fa le città e gli edifici, non i boschi». Concretamente quali sono i problemi?«Ogni giorno ricevo lettere di ex forestali, transitati nei pompieri, che non vengono impiegati per gli incendi boschivi. Tra loro ci sono anche piloti. E, per problemi burocratici, una parte degli elicotteri passata ai vigili del fuoco non si è alzata in volo. Problemi che probabilmente si risolveranno, ma non si deve perdere tempo». Qual è il modo migliore per combattere gli incendi? «Generalmente si pensa siano sufficienti i lanci d’acqua dal cielo, non è così. Bisogna affiancare altri interventi a terra che richiedono preparazione anche dei volontari, che purtroppo invece a volte non hanno specializzazioni, e la prevenzione». Si riferisce alla lotta ai piromani? «Dietro ogni incendio c’è la mano dell’uomo, ma spesso si tratta di “semplice” distrazione. Quest’estate all’isola d’Elba il via alle fiamme è arrivato da uno zampirone. Bisogna educare ai comportamenti corretti da tenere nel bosco. Ma prevenzione è molto di più: avere un censimento aggiornato delle risorse idriche, conoscere i sentieri per poter penetrare nel bosco quando c’è l’emergenza, sfruttare tecnologie come il telerilevamento, fare turni di vigilanza. Un altro problema del passaggio di consegne è che i comandi dei vigili del fuoco sono in genere nei capoluoghi, i forestali stavano più vicini ai boschi». Ma come si spegne un incendio? «Noi parliamo dei tre lati del triangolo del fuoco, sono il calore, il combustibile e l’ossigeno. Bisogna agire su uno di questi tre. Con l’acqua raffreddiamo, con le motoseghe agiamo sul combustibile, cioè la vegetazione: bisogna creare una fascia senza alberi in modo che le fiamme si arrestino. C’è anche la tecnica del controfuoco, incendiare per combattere le fiamme, creando uno sbarramento. Certo, lo spopolamento della montagna non aiuta». Cosa c’entra con gli incendi? «Viene a mancare la presenza umana che faceva “manutenzione” al bosco. La prima conseguenza è che gli incendi sono più facili perché manca la pulizia del bosco, interventi di diradamento e spalcatura per le conifere, oltre alla pulizia a bordo strada spesso invasa da vegetazione. La seconda è che, se i sentieri non sono puliti, non si riesce a entrare nella foresta quando c’è un incendio. E i danni del fuoco mettono ancora più a rischio la sopravvivenza dei centri montani: nei luoghi francescani di Poggio Bustone in Lazio, venuta meno la protezione della foresta che sovrastava il paese, ora si temono frane e smottamenti». Ma perché la Val di Susa brucia così in fretta? «Gli incendi non sono tutti uguali, le condizioni meteo influiscono ma anche il tipo di alberi. Si tratta di boschi di conifere, piante resinose, e questo aumenta la combustione. La resina è infiammabile, veniva usata anticamente per le torce. Al contrario le latifoglie che hanno grandi foglie contengono più acqua degli aghi, così ad esempio il castagno brucia più lentamente del pino. I danni alle foreste di conifere sono più gravi anche perché, a differenza delle latifoglie che si rigenerano in fretta, sono perdute per sempre e la montagna resta una cartolina lunare». BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
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