ebook di Fulvio Romano

venerdì 27 ottobre 2017

Renzi vs Gentiloni (Geremicca)

LA STAMPA

Cultura

Dritti

contro

il muro

Se si fosse trattato di una sfida a scacchi - e se fosse possibile una semplificazione - la si potrebbe perfino mettere così: la giornata di ieri - tesa e nervosa quanto mai - si è conclusa con una vittoria per parte. Prima partita - quella su una legge elettorale approvata a colpi di voti di fiducia - a Matteo Renzi; la seconda - sulla conferma di Ignazio Visco, apertamente osteggiata dal leader Pd - a Paolo Gentiloni.

Ma non si è trattato, appunto, di una partita a scacchi: e il braccio di ferro tra il segretario e il premier ha lasciato sul terreno i cocci di regole non scritte e galatei istituzionali antichi e classici della nostra democrazia. In quest’epoca incerta, fatta di furbizie e scorciatoie, altri due muri - insomma - sono fragorosamente caduti. Il primo: la prassi che vuole che le leggi elettorali - le cosiddette regole del gioco - non diventino materia di governo, venendo per di più varate a colpi di voti di fiducia. Il secondo: l’autonomia di Bankitalia, i cui assetti - a partire dalla nomina del Governatore - non possono esser decisi (o osteggiati) da questo o da quel segretario di partito. Non proprio dettagli. E se a tutto questo aggiungiamo il fragoroso addio al Pd annunciato dal presidente Grasso, il livello raggiunto dalle tensioni politiche in atto diventa ancor più chiaro.

Che il crollo dei muri di cui dicevamo sia cosa giusta e utile per il Paese, è tutto da dimostrare: e vedremo se il tempo lo dimostrerà. Per ora si può annotare che molte delle tensioni vissute nelle ultime settimane erano senz’altro evitabili: e che sulla legge elettorale in particolare - al di là del ricorso alla fiducia - nessuna delle forze in campo è scevra da responsabilità, compreso il Movimento di Beppe Grillo, sospettato di aver mandato per aria (nel giugno scorso) un buon accordo su una legge elettorale che ricalcava il modello tedesco.

Molti, mettendo tra parentesi il varo non ancora avvenuto di una manovra economica dalla quale dipende parte del futuro del Paese, valutano l’attuale legislatura conclusa - di fatto - con l’approvazione del cosiddetto Rosatellum. Da un punto di vista fattuale non è così, anche se è vero che da stamane l’attenzione dei partiti sarà inevitabilmente ancor più rivolta all’ormai vicino scontro elettorale. Ma prendendo per buona quella valutazione, una considerazione allora appare inevitabile: cominciata male - con la mancata elezione di un nuovo Presidente della Repubblica e il succedersi di tre diversi governi - questa legislatura si va concludendo ancor peggio. 

Le ultime settimane, per stare solo alla cronaca recente, sono - in fondo - un po’ la cartina di tornasole di questa evidente parabola. E del resto, era difficilmente ipotizzabile che due passaggi così delicati - intendiamo le regole con le quali andare al voto e la nomina del Governatore di Bankitalia (dopo tanti scandali bancari) - potessero esser compiuti in maniera lineare e trasparente nel fuoco di una rissa politica che non si è mai interrotta dal giorno dell’insediamento del Parlamento a oggi.

Nulla, insomma, che non fosse prevedibile: mentre un po’ sorprendente - questo sì - è stato il cambio di passo di Matteo Renzi nei confronti del governo di Paolo Gentiloni. Vedremo nelle prossime settimane l’evoluzione di un rapporto nato, inevitabilmente, con luci e ombre. Ma già oggi, invece, è legittimo porsi degli interrogativi circa i sempre più frequenti smarcamenti del segretario pd da un Presidente del Consiglio non solo amico, ma da lui stesso indicato.

La pressione affinché fosse posta la fiducia sulla legge elettorale, l’attacco a Visco per cercare di bloccarne la conferma, la richiesta che l’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita sia rinviato a dopo il voto e l’idea che anche lo Ius soli possa esser approvato grazie a voti di fiducia (scontando la rottura con l’Ncd di Alfano) sono chiari segnali di un cambio di rotta.

L’interrogativo è dunque scontato: qual è la nuova direzione? Alla luce delle ultime mosse di Matteo Renzi - e se fosse accettabile un’azzardata semplificazione - verrebbe quasi da dire che il leader Pd si stia preparando ad una campagna elettorale contro il governo da lui stesso sostenuto: qualcosa che più che il trito slogan del «partito di lotta e di governo», ricorda le famose «mani libere» spesso invocate (da Bettino Craxi in particolare) al tempo della Prima Repubblica.

Naturalmente, non può essere così. Ma tra lo stare appiattiti sui risultati del governo oppure l’attaccarlo frontalmente («Con Gentiloni abbiamo idee diametralmente opposte su Bankitalia»...) molte altre posizioni sono possibili. Per esempio quella - e se non concordata almeno annunciata - di una reciproca autonomia. Con i tempi che corrono e con il modo che ha di intendere la battaglia politica, è difficile immaginare Renzi in campagna elettorale sdraiato sui risultati ottenuti dai governi pd in questa legislatura. È forse così? Ritorna il vecchio «marciare divisi per colpire uniti?». Lo si vedrà. Quel che importa, al momento, è che il cambio di passo e la nuova possibile strategia non aggiungano altre macerie ai cocci lasciati da una partita a scacchi ancora tutta da decifrare.

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Federico Geremicca


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