Philippe Daverio, critico d’arte, scrittore, ex assessore della giunta Marco Formentini, ai milanesi non piace il referendum? «La verità è che i milanesi non si sentono lombardi. Sono abituati a misurarsi con l’Italia e con l’Europa. Milano è una città che si sente protagonista. E in questo caso ha pensato di non essere coinvolta». Conta il fatto che fosse un referendum solo consultivo? I cui effetti non sono immediati... «I milanesi sono pratici e pragmatici. Se il tema del referendum fosse stato sull’avere un’imposizione fiscale pari alla Germania, avrebbero votato tutti. I milanesi non li convinci con una cosa che magari potrà avvenire tra qualche anno». A Milano pochi al voto, nelle città venete tantissimi. C’è una spiegazione anche per questo? «Qui ci sono state le 5 giornate nel 1848. Il Veneto aderisce all’Italia unita solo nel 1867, ben 7 anni dopo la formazione dell’Italia unita. In Veneto ci sono sentimenti molto diversi». Il referendum era regionale. Si potrebbe riflettere su una possibile distanza tra la città e una delle sue istituzioni più importanti? «Non c’è stato alcun ancoraggio alla realtà cittadina. La Regione, anche come luogo fisico, è percepita come un ente sovracittadino. Il Pirellone, Palazzo Lombardia, sono esterni al dibattito e alle dinamiche che avvengono in città». Milano autonoma da tutto? «Milano si sente come una Città Stato. Parla col mondo intero. Non ha bisogno delle mediazioni regionali». Allora contano i sindaci? A Bergamo Giorgio Gori del Pd si è speso tanto e la città ha risposto ed ha votato più di tutte. A Milano Giuseppe Sala ha detto sì poi non ha nemmeno votato. È una cosa che può avere conseguenze per la città? «No non cambia niente per Milano se ha votato poco. Il fatto è che in città non c’è stato alcun dibattito sull’argomento. Sono convinto che se la domanda fosse stata “voi milanesi, volete contare di più in Europa?», il risultato sarebbe stato molto differente». Non è che non hanno votato perché non sanno cosa siano i poteri delegati o il residuo fiscale?«E’ come il referendum sull’abolizione del Cnel che nessuno sapeva cosa fosse. La gente va a votare se sa chiaramente su cosa esprimersi: divorzio sì o no, aborto sì o no, Matteo Renzi sì o no. La politica non è riuscita a coinvolgere l’opinione pubblica. E i media non hanno capito cosa c’era in ballo».
[f. pol.]
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