ebook di Fulvio Romano

domenica 29 ottobre 2017

La forza delle idee protestanti moltiplicata dal potere della stampa

LA STAMPA

Cultura

Mostra a Torino


I pezzi più preziosi, oltre che fortemente simbolici, sono un ritratto di Martin Lutero a opera di Cranach il vecchio, oltre alle xilografie di Dürer: quella della Grande passione e le 15 dell’Apocalisse, provenienti in entrambi i casi dalle raccolte della Biblioteca Nazionale torinese. Ma la mostra Lutero, la Riforma, l’Italia che si apre martedì proprio alla Nazionale (fino al 30 novembre) rappresenta, al di là del valore artistico o museale dei singoli elementi, uno spaccato straordinario della Riforma e della sua rapida penetrazione a mezzo stampa al di qua delle Alpi. Tra opere originali - soprattutto libri -, riproduzioni e ricerche iconografiche racconta una storia che ancora oggi è largamente in ombra.

Senza l’invenzione di Gutenberg forse non ci sarebbe stata riforma, come osserva Massimo Firpo in questa pagina, ma solo uno dei tanti episodi di «eresia» e ribellione. E senza l’impetuoso sviluppo dell’industria editoriale, con centro Venezia, forse non ci sarebbero stati i riformatori italiani; in ogni caso non i magnifici libri qui esposti, una formidabile collezione quasi tutta proveniente da un privato torinese, oltre a tre rare edizioni del Savonarola fornite dalla libreria antiquaria Pregliasco. Il rapporto tra l’esagitato frate fiorentino e la riforma protestante pare remoto, ma le edizioni dei suoi sermoni fanno parte di un settore dedicato al contesto del sedicesimo secolo nel quale, tra profeti, eroi, apocalittici e invasati, si creò un clima culturale che preparava Lutero.

Le vere scoperte per il non specialista saranno però i volumi, altrettanto rari e di pregio, di pensatori come Pietro Martire Vermigli o del nobile canavesano Celio Secondo Curione che, come spiega in una delle ricchissime schede il professor Paolo Salvetto, «già nel 1523 leggeva i libri di Lutero, Melantone e Zwingli», cioè dei massimi pensatori della Riforma, e fu come molti altri - per esempio Francesco Negri, di Bassano del Grappa - costretto all’esilio. Questi riformati italiani si ritrovarono però tacciati a loro volta di eresia, anche nei paesi protestanti; nessun rifugio, nemmeno la lontana Polonia, meta ultimo di Bernardino Ochino e in generale del movimento italiano che contestava il dogma della Trinità, era davvero sicuro. E attraverso le loro storie travagliate, si intuisce il primo cammino dell’idea di tolleranza.

C’è poi una parte della mostra dedicata alla pubblicistica più popolare, con le immagini ferocemente satiriche verso il Papa di Roma, e soprattutto agli artisti: non solo Michelangelo, di cui è nota l’attenzione alle dottrine eterodosse dello spagnolo Juan De Valdés, e che veniva apertamente accusato per i suoi nudi di «porcherie luterane»; ma anche Lorenzo Lotto. Lo spiegano bene le immagini del San Girolamo penitente che, invece di battersi il petto con una pietra, come nell’iconografia ufficiale, la abbandona a terra concentrandosi sul crocifisso: perché, come predicava Lutero, è la fede e non le opere o il pentimento ad aprire le porte del cielo.

Mario Baudino


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