ebook di Fulvio Romano

lunedì 30 ottobre 2017

Più paura che solidarietà Così vediamo gli immigrati

LA STAMPA

Italia

Più paura che solidarietà

Così vediamo gli immigrati

I risultati della ricerca di “Community Media Research” per la “La Stampa”

Ma molti italiani vorrebbero una legge in tempi brevi sulla cittadinanza

I fenomeni migratori sono sempre più marcati dal segno del dubbio. Anche l’Italia, come il resto dell’Europa e del mondo occidentale, guarda ai migranti con un misto di timore e paura e, nello stesso tempo, di solidarietà e desiderio di aiutare. Solo che, per una parte crescente della popolazione, tendono a prevalere le prime istanze. Così, il barometro delle percezioni sposta la lancetta verso l’area negativa.

Non sono prevalenti, ma crescono le emozioni ostili. Sentimenti che si alimentano dell’amplificazione delle notizie, mentre gli esponenti politici sono pronti a cavalcare il malessere di parti della popolazione, esasperando ed esacerbando la polemica. Si fatica ad affrontare il tema migratorio in modo pragmatico, senza farsi condizionare dal consenso immediato così come da atteggiamenti moralistici.

Da ultimo, è sufficiente rinviare al dibattito sviluppatosi attorno al tema della legge sull’integrazione dei figli dei migranti presenti in Italia (lo «ius soli») per avere la misura delle difficoltà che attraversano la classe dirigente: si rinvia la decisione per i timori legati al consenso alle prossime scadenze elettorali. Insomma, non esercita il ruolo per cui è stata eletta: la responsabilità. Il risultato è che se ne parla in modo gridato, raramente pacato e senza essere prigionieri degli stereotipi. Sia chiaro: il fenomeno è complesso e contiene tanto questioni legate alla convivenza quanto le risorse di culture e competenze che sostengono la nostra economia e le nostre famiglie. Ma più si rimandano le soluzioni, maggiore è il problema.

Quanto siano mutate le percezioni degli italiani verso gli immigrati e quali siano gli orientamenti verso l’ipotetica legge sull’integrazione dei figli dei migranti è l’oggetto della rilevazione di Community Media Research, in collaborazione con Intesa Sanpaolo per «La Stampa». Prendiamo le mosse da un dato di conoscenza oggettiva. Gli italiani sanno quanti sono i migranti regolarmente residenti in Italia? Solo un terzo (37,4%) risponde correttamente: come rileva l’Istat, sono 5.026.153. Poco più della metà (56,7%) sottostima il fenomeno (fino a 3 milioni), il restante 5,9% immagina ve ne siano oltre 10 milioni. E qual è la religione più diffusa fra i migranti? Solo poco più di un terzo (38,4%) risponde correttamente: quella cristiana (secondo l’Istat il 56,4% appartiene a questa religione), mentre la maggioranza crede siano soprattutto musulmani (56,8%).

Se sommiamo le due risposte, otteniamo che i «conoscitori» (chi risponde correttamente alle due domande) sono solo il 13,7%. Presenta una «conoscenza parziale» (sbaglia una delle due) il 48,5%, mentre il 37,8% è un «non conoscitore» (con entrambe le risposte errate). Questo livello di scarsa conoscenza non può non inficiare le opinioni. Ma andiamo per ordine.

Non c’è dubbio che fra il 2013 e oggi le percezioni degli italiani verso gli immigrati virino verso un sentimento negativo. Se escludiamo l’opinione per cui chi delinque non ha distinzioni di cittadinanza, diminuisce l’idea che gli immigrati favoriscano la nostra apertura culturale (58,8%, era il 72,7%), così come siano una risorsa per l’economia (57,2%, era il 72,5%). Per contro, lievitano le percezioni che siano una minaccia per la sicurezza individuale (31,4% dal 19,6%), un pericolo per le tradizioni (30,2%, era il 20,1%), una minaccia per l’occupazione (30,0% dal 21,2%).

Sommando queste opinioni, otteniamo che gli «accoglienti» (ovvero chi offre solo risposte positive) sono la maggioranza degli italiani (53,7%), in sensibile calo però rispetto al 2013 (66,1%). Più che diminuire gli «ambivalenti» (29,6%, erano il 28,8%) - le cui risposte mettono l’accento ora su dimensioni positive, ora negative verso i migranti - aumenta la quota degli «avversi» (16,7%, era il 5,1%), che attribuiscono agli stranieri solo valenze negative. Le generazioni più giovani, gli studenti e chi possiede una laurea manifesta orientamenti di maggiore apertura, mentre anziani, chi ha un basso titolo di studio e chi è ai margini del mercato del lavoro ha umori più negativi. Ma è rilevante sottolineare come un’inclinazione di apertura o chiusura sia collegata con il livello di conoscenza posseduto del fenomeno. Quanto più lo si conosce, maggiore è l’orientamento accogliente verso gli immigrati.

Tuttavia, il mutare (in peggio) del «sentiment» verso gli stranieri fa cambiare la predisposizione verso un’ipotesi di legge? Può apparire paradossale, ma la risposta è negativa. Fra «ius soli» (30,9%, era il 29,3%) e «ius sanguinis» (21,6%, era il 20,4%), rimane prevalente l’idea di una cittadinanza proattiva da parte del migrante e a condizione di un percorso di acquisizione e adesione ai valori e alla cultura italiana (47,5%, era il 45,0%). Solo il 5,4% non darebbe la cittadinanza ad alcuno.

Se serpeggia, ed è in crescita, un sentimento di ostilità verso i migranti, nello stesso tempo permane quindi la domanda di regolare l’integrazione degli immigrati, a cui solo la politica può dare risposta. Se fosse disposta ad assumere, più che il consenso elettorale immediato, il criterio del bene comune.

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