ebook di Fulvio Romano

lunedì 30 ottobre 2017

Il triste esodo dei montanari cacciati dall’arrivo del fuoco

LA STAMPA

Cronaca

Fuga dalla Val di Susa

Il triste esodo dei montanari

cacciati dall’arrivo del fuoco

Pompieri sfiancati dai roghi senza fine: otto uomini intossicati

Dopo 79 anni passati qui, in questa casa che guarda la montagna sopra Mompantero, dopo una vita tra queste mura spesse la signora Adelaide Vottero se ne deve andare. Cacciata dal fuoco che scende sul paese è sembra che nessuno sia in grado di fermare.

È una precauzione, certo, ma lei come tutti quelli che abitano qui, su questa strada che costeggia tutte le borgate, deve andare via perché il fumo ha reso irrespirabile l’aria è il fuoco è indomabile. E non bastano i volontari che arrivano da tutta la valle, non bastano i pompieri, gli Aib, i contadini saliti da Druento con i loro enormi trattori. Otto vigili del fuoco, fra l’altro, sono rimasti intossicati e due di loro ricoverati nell’ospedale di Susa.

«Via tutti» e anche lei se ne andrà. «Anch’io faccio lo stesso: è un ordine, che cosa devo fare?»: Vittorio Vigna, che di anni ne ha 76, entra in casa per l’ultima volta di oggi. Chiude le finestre. Spranga le porte. Lascia il cibo per la gatta Luna e se ne va. «Sa, io con il fuoco ho sempre avuto a che fare: lo spegnevo da volontario. L’ho fatto finora a 60 anni suonati. Ma una situazione come questa non l’avevo mai vista». Due ragazzi lasciano la casa vicina con le bombole del gas in spalla. «Vittorio dobbiamo toglierle anche noi». Ecco, le bombole. Sono peggio delle bombe con il fuoco che avanza. Le portano vai tutti, le mettono in auto con la nonna che lascia la casa o le abbandonano nei prati dove il fuoco non può arrivare. 

Scene da un mondo in fuga. Come quella di quest’uomo con indosso la mascherina e in mano un tubo dell’acqua che bagna la casa come fosse un giardino. «E adesso mi faccio un’imbragatura con le corde e salgo sul tetto e bagno anche quello» dice. Il suo nome è Walter Febo. E fa la sola cosa che si può far in momenti così: provarci. «Se il vento mi porta giù un tizzone acceso perdo tutto. Lo sa che non piove da mesi? È tutto secco, il fuoco non lo fermeranno e io voglio salvare casa mia». Già, salvare le case, i frutteti, le vigne. La quotidianità sconvolta dal fuoco che corre nei boschi. Ci provano tutti. Da soli o aiutati da volontari. Come questi dieci tra uomini e donne saliti da Bussoleno per dare una mano. Li guida uno che fa il giardiniere e che si chiama Claudio Guglielminotti. Ha portato motoseghe e decespugliatori. E si affida alla buona volontà di tutti, dell’architetto dell’ufficio tecnico di Bussoleno, Antonella Pognant, di sua moglie Daniela di sua figlia Lucia. Lo fa gratis per salvare la casa di Lino Chiolerio. Gratis e a suo rischio e pericolo. E intanto Lino collega tubo, pesca acqua da canale e innaffia i frutteti davanti a casa. E guarda le fiamme che sono a meno di venti metri, su questo spuntone di roccia che a picco scende sulla sua proprietà. Motoseghe in funzione. Alberi che cadono: «Cerchiamo di creare una piccola area di protezione, dove il fuoco non può attecchire». Funzionerà? 

Alla stessa ora Domenico esce di casa con la roncola in mano e un cappello in testa. Dove sta andando? «Lassù, dove il fuoco sta scendendo». Ma è molto pericoloso, lo sa? «E lei sa che io abito qui, che conosco tutti e che se va male perdiamo tutto?». I contadini di Druento fanno ancora la spola con i trattori perorare acqua. Passa una donna carica di borse che trascinano un trolley. Non fa parte del gruppo di sfollati di Mompantero, se ne va perché ha paura. 

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Lodovico Poletto


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