ebook di Fulvio Romano

giovedì 14 luglio 2011

San Giovanni e il Froumentìn


Il finale di giugno, anzi la festa di san Giovanni, era il momento adatto per seminare in montagna il grano saraceno. Una sentenza occitana, raccolta da Garnero, descriveva con una viva immagine la scadenza: Cante lou préire paso benedii coun lou baldaquìn l’è ouro de semenàa lou froumentin…. Il prete, veste svolazzante e paramenti giallo oro procede in processione sotto il baldacchino multicolore sorretto da quattro giovani in salute del borgo. Le braccia tese, ostende il Sacramento ed è seguito da frotte di ragazzini e dal paese intero in rumorosa e malcerta preghiera. E' questa la sequenza rituale che da sempre accompagnava il rito tardo medioevale del Corpus Domini. Rito mutevole nel calendario, come lo era la data della Pasqua, da cui il Corpus Domini dipendeva, ultima festa lunare. E quindi la semina del Froumentìn, noto anche come Fourmentìn o Granèt, era primaverile-estiva, potendo variare, con la data del Corpus Domini (60 giorni dopo Pasqua) dal 20 maggio al 24 giugno. Date simili a quelle che troviamo nelle altre aree agricole europee, come ad esempio la Francia del Lionese dove la data per la semina di questa poligonacea adatta a cibare i celiaci, era la festa di saint-Pothin, il due di giugno: "A la Saint-Pothin, bonhomme, sême ton sarrasin". Oppure nel Gard, dove il grano saraceno veniva chiamato Blamauro, così come nella Francia Contea dove era invece Grije e, si credeva, veniva fatto rigoglioso dall'arrivo del gelido vento invernale del Nord: la Bise: "Année de Bise, année de Grije". In Trentino era invece la pioggia dell'Ascensione a decretare l'arrivo di una ricca annata di rape e di Formentone, altro nome del nostro: "S'el piove el dì de l'Ascensiòn, ven rave e formentòn"... Fatto sta che questa pianta, che d'estate colorava di rosso le pendici delle nostre Alpi, dalla val Tanaro alla val Po, fu dal XVI secolo in poi la salvezza di contadini e montanari che avevano a che fare con la Piccola Era Glaciale. Il gelo che, fino alla metà dell'800, imperversò in Europa con inverni freddi e primavere umide mandava in rovina le semine invernali cosicché furono sovente i grani estivi a salvare le comunità alpine. Quando il 27 giugno del 1857 una spaventosa tempesta distrusse i raccolti di grano, uva e granoturco a Prarostino, nelle valli valdesi, i campi - come ci racconta Teofilo Pons- furono nuovamente arati per seminarvi grano saraceno anziché frumento. Così per secoli il Fourmentìn, con il suo pane e la sua polenta, in purezza o mescolata con altri grani, farcita di formaggi d'alpeggio e di porri profumati, ha segnato un intervallo calendariale che iniziava con la primavera-estate ("Cant la feuillho ê â bouisoun, granèt e granetoun", si recitava nella val Sén Martìn) e che finiva, inesorabile, con la mietitura di San Michele, come conferma la tradizione del Limousin francese: "Sème ton blé noir (altro nome del nostro) quand tu voudras, mais pour Saint-Michel tu le moudras".