ebook di Fulvio Romano

giovedì 7 agosto 2014

Folklore Meteo. L'uva delle Langhe e il vino della Messa



Folklore delle Langhe
Il primo grappolo maturo d'uva e il vino della Messa.

Massimo Martinelli, il celebre e simpatico enologo, mi ha raccontato un giorno che nel paese dove crebbe ed imparò ad amare quel vino che poi avrebbe curato e valutato per tutta la vita c'era una "strana" ma eloquente usanza. Il giorno di papa Sisto II, e cioè il 6 agosto, durante la Messa, il prete celebrante -al momento dell'Eucarestia- prendeva da un cesto posto sull'altare il primo grappolo d'uva maturo portatogli da un parrocchiano, quindi lo estendeva con le mani sopra il calice della messa e infine ne spremeva il succo con le mani, mescolandolo poi con il vino dell'Eucarestia. 
Questo rito dell'uva e del vino dell'Eucarestia, evidente rito della fecondità della terra e della vite, ci appare subito come ricco di di senso.
Intanto la data scelta, così come il santo, non sono casuali. Infatti Sisto II, 24º vescovo di Roma, fu martirizzato per decapitazione nel 258 su editto dell'imperatore Valeriano quattro giorni prima  che anche il diacono Lorenzo subisse la stessa sorte, ma bruciato vivo sulla graticola. 
San Sisto il 6 agosto, san Lorenzo il 10, due santi, due martiri che la tradizione langhetta legò alla vite e al vino. Se infatti il 10 del mese, "san Lôrèns", è da tempo immemore il momento in cui, secondo la meteorologia popolare, "l'uva a 's tèns", e cioè i grappoli cominciano a colorarsi, a maturare con la prima invaiatura, appare evidente che il rito dell'Eucarestia di "san Sist", quattro giorni prima di "san Lôrèns", prepara, anticipa, coolega ed amplifica a sua volta questo momento di svolta dell'annata contadina delle Langhe in cui si predice, ormai con qualche prima sicurezza, la futura vendemmia.
Lo spremere la prima uva matura (forse un moscato, vista la sua precocità nella maturazione) al sei di agosto mi sembra che poi la dica lunga sul periodo climatico in cui il rito deve essere nato. Si tratta con tutta evidenza di una fase di forte riscaldamento, come soltanto quella medioevale, prima della seconda metà del secolo XV, poteva  garantire. 
Un lungo periodo (che oggi qualcuno cerca di negare soltanto per motivi di..." ideologismo climatico" -passatemi l'orrenda espressione) in cui nella pianura padana e sulle colline di Langa  si coltivava l'ulivo e si frangeva l'olio, in cui la vite veniva coltivata senza filari veri e propri né alberi tutori, perché faceva già più che caldo, e in cui -appunto- certe uve primaticce come il moscato potevano già produrre qualche grappolo di uva matura nella prima decina di agosto.
Ma questa è un'osservazione di un Folklore meteorologico, che richiederebbe maggiore attenzione negli studi sulle tradizioni popolari, nonché nelle analisi scientifiche comparate del clima dei secoli passati. 
Il rito di cui fu testimone Massimo Martinelli nasconde anche altre sorprese. Di carattere simbolico, certo, ma non per questo meno suggestive, anzi. 
Il 6 agosto è, sia per la Chiesa romana che per quella ortodossa, la festa della Trasfigurazione di Gesù. Quale migliore momento, allora, per ribadire col rito dell'uva spremuta nel vino il significato più importante che per la Chiesa la Messa incarna e simboleggia. 
Fulvio Romano