ebook di Fulvio Romano

venerdì 27 ottobre 2017

È la siccità più grave da inizio Novecento

LA STAMPA

Italia

Nel Nord-Ovest

Fiumi senz’acqua e agricoltori in crisi


Ottobre si chiuderà senza piogge. Solo nel 1871 un’emergenza idrica peggiore

Mi lacrimano gli occhi e si respira a fatica: il fumo degli incendi in bassa Valsusa mi entra in casa, il parabrezza dell’auto è ricoperto dalla cenere e il sole da cinque giorni è un disco rosso sanguigno, surreale attraverso l’atmosfera torbida e tossica. Da settimane la mia cisterna di acqua piovana è all’asciutto, non mi preoccupano solo i cavoli e i finocchi stremati dal secco, ma il terrore che se il fuoco si avvicinasse a casa non ci sia nemmeno acqua per contenere le fiamme. 

La siccità è così, inizia lenta e non la noti quasi, speri che prima o poi piova, ma le previsioni continuano a dire che non piove. È accaduto ad agosto. Poi un certo giorno il paesaggio si ingiallisce, l’erba appassisce ma gli alberi sono ancora verdi. È accaduto a settembre. Poi cadono le foglie anzitempo, il paesaggio si impolvera, i pozzi s’inaridiscono, gli agricoltori non riescono a seminare il grano. È accaduto a ottobre. Poi arrivano i cretini che incendiano i boschi, e alla mancanza d’acqua si somma il danno del fuoco. Mentre settembre ha riportato benefiche piogge un po’ in tutta Italia, il Nord-Ovest è rimasto all’asciutto, non piove seriamente da fine giugno e ora la crisi idrica è al suo apice. 

A Torino dal 1° luglio si sono misurati solo 101 mm d’acqua, quantità in difetto del 65 per cento sul normale. Solo negli stessi periodi del 1832 e del 1871 aveva piovuto meno, ma all’epoca le temperature medie erano più fresche di oltre due gradi rispetto a quest’anno, l’evaporazione dai suoli era dunque più moderata e gli effetti della siccità meno evidenti. Inoltre questo ottobre si chiuderà senza aver visto una goccia, fatto che non si verificava dal 1921, ma nemmeno l’inizio di novembre sembra lasciare speranze in base alle previsioni a medio termine. Che il Nord-Ovest stia vivendo un’arsura fuori dal comune lo si vede perfino dai satelliti: a dominare le immagini di questi giorni sono i toni bruni e giallastri dei campi inariditi e delle Alpi ancora prive di neve, mentre in questo periodo nel 2015 spiccava il verde brillante della pianura e il bianco delle Alpi già innevate. 

Nei mesi scorsi, prima del Piemonte era stato il Veneto a soffrire, con un inverno molto asciutto (a Belluno, solo 150 mm di precipitazione tra dicembre 2016 e marzo 2017, metà del consueto), e poi la Maremma, l’Emilia e il Piacentino, dove all’osservatorio del Collegio Alberoni la siccità si era aggravata fino all’estate con soli 420 mm d’acqua nei 12 mesi fino a giugno 2017, anche qui metà del normale, episodio secondo per gravità solo al 1883-84. D’altra parte negli ultimi secoli le gravi siccità di cui si ha notizia sono tante. In Piemonte le cronache ricordano quella del 1733-34, quando nel Torinese pioggia e neve mancarono per ben nove mesi e mezzo, da inizio agosto al 12 maggio successivo. Le memorie del Convento di Ozegna, in Canavese, riferiscono di fiumi che «appena si vedevan scorrere», pozzi, fontane e mulini a secco, tanto che ne conseguì una carestia epocale: «Ridotti in stato di estrema penuria erano questi miserabili popoli, alcuni facevano bollire il fieno secco, e di questo, non altrimenti che bestie, si alimentavano. Vi sono molti che hanno mangiato della carne cruda di mulo, non avendo avuto pazienza di farla cocere tanto erano molestati dalla fame». Il cronista Alfonso Piccioli di Carpi (Modena) ci tramanda invece l’episodio del 1725: «In quest’anno è stata tanta siccità, che fino a novembre non è mai piovuto, che piccola rugiada in maniera che non si trovava più acqua, che in pochi pozzi, e particolarmente in campagna non sapevano come abbeverare li poveri bestiami; per questo furono obbligati li cittadini far fabbricare pozzi tanto in campagna quanto in città». 

Ma ora il clima sta cambiando verso scenari inediti: i modelli di simulazione confermano il continuo aumento di temperatura, anche se venisse rispettato fin da oggi l’Accordo di Parigi, e se dovessero presentarsi siccità ancora più lunghe di quelle storiche, le cosiddette «mega-drought» della durata di anni, a maggior ragione la nostra società si troverebbe impreparata. Una nuova politica dell’acqua deve iniziare fin da ora basandosi sugli scenari futuri, guardare solo al passato può rivelarsi fuorviante.

BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

Luca Mercalli


Level Triple-A conformance icon, W3C-WAI Web Content Accessibility Guidelines 1.0           Copyright 2017 La Stampa           Bobby WorldWide Approved AAA