ebook di Fulvio Romano

mercoledì 26 ottobre 2011

METEO E TRADIZIONI NEL PONTE DEI SANTI


E' una spruzzata d'inverno quella che abbiamo avuto tra lunedì e martedì, con i pataràs che sono scesi fin sugli altipiani di Cuneo e Mondovì, mentre la prima neve bassa ha innervato di bianco i fianchi della Bisalta, della Tura e del Mongioie. Un evento invernale, più che di tardo autunno, con le temperature medie precipitate sotto le Alpi a tre-quattro gradi e acqua, finalmente un po' d'acqua ad irrorare i nostri campi ed i nostri giardini secchi ormai dopo tre mesi di siccità continua. Certo, avevamo accennato a possibili allarmi che la situazione meteo che si prospettava sembrava indicare come necessari per noi, ma soprattutto per la Liguria. Lo sono stati per il Levante più che per il Ponente (anche se a Taggia qualche danno c'è stato) ed anche lì le colonnine sono crollate, nonostante la presenza calmieratrice del mare. Da noi, al di qua delle Liguri, pochi problemi, con una cinquantina di centimetri in quota, ma più verso la Stura che nelle Marittime, e con un 45 millimetri d'acqua che hanno beneficiato Monregalese e Cuneese. Ma attenti, non siamo ancora in inverno. Lo dice la nostra balza collinare, verde e con le ultime zucche tonde e grosse, giallo-verdi fuori e arancioni dentro, nate da quei semi dimenticati e ripescati in un cassetto, che raccogliamo con voluttà insieme ai turgidi Kiwi arrampicatisi sul pruno. Lo dice la fontana che ha ripreso a buttare grosso e che non sembra intenzionata affatto a farsi bloccare dal gelo. Non è ancora inverno e la giornata di mercoledì ce lo sta a dimostrare, con rèfoli tiepidi nel ritrovato sole: il bel seguito anticiclonico che viene di norma dopo l'ondata perturbata atlantica. L'Atlantico si è risvegliato, ma è già tornato a dormire. Questa la cifra meteo del ponte dei Santi, appuntamento annuale da vivere con un'aura ed un sapore antichi. Non vecchi, attenzione, ma antichi. Che sono quindi non tanto i sapori dell'Halloween di americanata memoria, ma dei nostri Santi e dei Morti, fatti anch'essi di un carnevale, ma non di plastica. Un Carnevale che - come raccontano testi dimenticati- veniva con i Santi appunto e che durava fino a san Martino, seguito poi da una lunga Quaresima (d'Avvento) che precedeva il Natale. E allora, altro che maschere halloweene da grandi magazzini, altro che cappelli neri da strega da supermercato, altro che zucche cinesi con lampadina dentro! La tradizione nostra era delle zucche vere, accese nella notte per le strade di Marmora, delle processioni dei morti, il Cours che si allestiva a Cossano Belbo. Delle bevute e mangiate crapulesche che facevano di san Martino i riti che precedevano l'inizio del letargo non solo per l'Orso ma anche per gli ancora inselvatichiti umani. Questo magmatico legame con la tradizione ce lo ricorda, paradossalmente, persino il meteo. State a sentire. La pausa di alta pressione che caratterizzerà tutto il fine settimana e il ponte prossimo venturo, sarà interrotta soltanto giovedì pomeriggio da qualche nuvola bassa (con nuovi freschi) che andrà ad ingrigire le basse sotto le Alpi, mentre sulle creste e sulle coste alte risplenderà il sole. Così anche martedì mattina ancora qualche nuvola e forse qualche goccia isolata potrà intristire per qualche ora il dì di festa. In mezzo, sia venerdì, specie il pomeriggio, domenica e lunedì, sereno prevalente con temperature accettabili, adatte alla stagione. Le nuvole di martedì saranno invece l'avvisaglia della ripresa dell'Atlantico che farà qualche scorreria fino al 7-8 del nuovo mese novembrino, con piogge forse anche intense tra il 5 e il 7. Poi, udite udite, puntuale con gli appuntamenti della nostra tradizione antica, tra l'8 e il 9 di novembre dovrebbe ricomparire l'Estate di san Martino, luogo mitico di tepori preinvernali, con il ritorno in forze dell'Anticiclone Nostro, che durerà forse sino al 13 compreso.
romano.fulvio@libero.it http://romanofulvio.blogspot.com/
da Provincia Granda del 27 ottobre 2011

martedì 25 ottobre 2011

ed ecco la prima neve bassa dell’inverno 2011-2012


L’imbocco della valle Pesio (con a destra la Bisalta) visto dalla pianura. Neve sopra gli 850, forse meno. Si confronti la foto con quella dello stesso giorno del 2009, pubblicata ieri...
Alle 16.10 di martedì 23 ottobre abbiamo un 25-30 cm al Pancani (1875 m.) e 40 cm a quote superiori. Acqua molta: Cuneo centro, quasi 50 mm. Era ora!

Arriva novembre e torna l’oca di san Martino


San Martino e novembre sono indissolubilmente legati nel calendario contadino. L'11 novembre, le sue tradizioni, i suoi cibi, le feste e persino il suo clima, nascondono e rivelano allo stesso tempo la cifra per capire il principio, lo svolgersi e l'andamento di quel calendario. Ad esempio, colpisce l'apparire sul proscenio dell'anno agricolo e silvestre, che inizia appunto a novembre, di alcuni animali mitici, rituali e totemici, che -protagonisti dell'immaginario e della vita materiale della civiltà antica- sono oggi del tutto scomparsi, sia dall'uno che dall'altra. O quasi del tutto, naturalmente. Dell'orso già sappiamo, del suo letargo che inizia con san Martino e della sua identificazione (appannata da noi, ma ben presente sui Pirenei) con il vescovo di Tours. E' la sua versione domestica ad essere ancora presente: l'Orso Martino, l'orsetto dei bambini continua a rassicurare i grandi dell'avvenuta supremazia sul selvatico ed aiuta i piccoli umani a conciliarsi emotivamente con quello, nel lungo tentativo di svilupparsi l'immaginario. Ma ci sono altri animali mitici legati proprio a san Martino. Uno è l'asino, e Martino è stato per secoli il nome dell'asino oltre che dell'orso. Nominazioni di cui si conserverà probabilmente solo la seconda, per i motivi di cui sopra. Ma c'è un altro animale totemico che spunta dietro la tonaca del vescovo di Tours, come di fatto avviene in alcune sue statue e rappresentazioni antiche: l'oca. Animale trascurato oggi, eppure così presente nella nostra tradizione, aveva nella civiltà occitanica una presenza sicura. Ancora una volta dovuta a san Martino. "Oche, castagne e vìn, ten tut per san Martìn", recitava un adagio di cui riconosciamo in genere solo i legami col vino e le castagne, mentre l'oca è decetta, dimenticata. Eppure quello dell'oca era il piatto della festa annuale che si celebrava tra i Santi e Martino, vero e proprio carnevale anticipato, che precedeva l'antica "prima" Quaresima, quella dell'Avvento. Una festa sguaiata, come dev'essere quella carnevalesca, che prevedeva bevute e crapule infinite, prima dei rigori invernali. L'oca di san Martino, ancora oggi piatto d'onore a novembre in Austria e Germania, oppure nella Francia del Nord. Ma che era consumata anche qui da noi, un tempo a spese delle oche selvatiche che a sant'Uberto, 3 di novembre, partivano verso il Sud ("A la Saint-Hubert les oies sauvages fuient l'hiver") e poi con il sacrifico rituale e culinario delle oche casalinghe che a novembre raggiungevano il culmine del grasso. Grasso per noi è maiale, ma prima ancora era oca, il maiale dei poveri, foriero delle riserve di lipidi per il lungo inverno. Cucinata a lungo e adagio per superarne la fibrosità (solo i bravi cuochi di carne sanno cucinarla) se ne ricavava il "confit", piatto popolare diffuso in tutta la Provenza - Occitania. Con l'oca di san Martino iniziava quel ciclo della carne invernale che avrebbe poi avuto il suo culmine con il maiale di sant'Antonio, al 17 di gennaio. Tempo del grasso, che si sarebbe concluso con il Carnevale di febbraio-marzo (l'unico dei due carnevali ad essere sopravvissuto) ,in coincidenza con il risveglio dell'Orso della Candelora. Ma questa è un'altra storia.
romano.fulvio@libero.it

(da Ousitanio Vivo, novembre 2011)

domenica 23 ottobre 2011

Tornano le piogge (e un po’ di neve in montagna)


Nella settimana in cui la Luna nuova di ottobre fa la sua comparsa (giovedì) arrivano anche le prime intense piogge autunnali e, in montagna, la neve. Le nuvolaglie basse che ancora ieri erano insaccate sulle pianure del Nord Ovest per i flussi freddi orientali dei giorni scorsi, vengono spazzate dal fronte che precede la prima vera ondata perturbata della stagione. Cambia il regime meteo, ritorna l'Atlantico e, da questa sera, riporta acqua specie sul Piemonte sudoccidentale, dalle Liguri alle Cozie pianure comprese, e sul Verbano-Novarese. Nella notte, neve che inizialmente scende sul Cuneese a quote di poco superiori ai 1000 metri, per poi risalire di quota nella giornata di martedì, che sarà quasi interamente all'ammollo, con contributi consistenti tra la Val Stura di Demonte e la val Tanaro. La tregua del maltempo, che segue il grosso della perturbazione, comincerà già dalla notte di domani a partire dalle province occidentali per poi interessare, mercoledì, tutto il Piemonte e la Vallée. Ma le scorrerie perturbate atlantiche continueranno a rimpinguare d'acqua le falde ormai esauste anche tra giovedì e venerdì, con piovaschi che interesseranno soprattutto le piane occidentali ai piedi delle Alpi. Cesseranno le piogge sabato e domenica mattina, con un cielo ancora in gran parte occupato da nuvole, ma anche con temperature che nel frattempo si sono fatte più miti.
romano.fulvio@libero.it