ebook di Fulvio Romano

mercoledì 25 ottobre 2017

Ue, la battaglia di Macron contro il lavoro a basso costo

LA STAMPA

Esteri


Vince la linea francese: intesa per fermare l’export di manodopera 

Emmanuel Macron ne aveva fatto un cavallo di battaglia in campagna elettorale. Aveva promesso di portare a casa il risultato, nonostante le difficoltà oggettive e il rischio di creare una spaccatura tra Est e Ovest Europ?Uea. Ma i governi dell’Ue hanno finalmente trovato un accordo per riscrivere la direttiva sui cosiddetti lavoratori distaccati. Una misura che punta a ridurre il cosiddetto «dumping sociale», che vede i Paesi dell’Est esportare manodopera a basso costo, alimentando le disparità e danneggiando l’occupazione negli Stati che la accolgono. Le nuove regole ruotano infatti attorno a un principio-chiave: a parità di lavoro deve corrispondere la parità di trattamento economico.

Ci sono volute oltre dieci ore di trattative tra i 28 ministri del Lavoro per approvare il testo: il via libera è arrivato lunedì a Lussemburgo poco prima di mezzanotte, nonostante il voto contrario di Polonia, Lettonia, Lituania, Ungheria e l’astensione di Regno Unito, Irlanda e Croazia. L’Italia ha votato a favore. Ora il testo dovrà essere approvato dal Parlamento Ue, ma non sembrano esserci particolari problemi: lo scoglio più grande era appunto quello del Consiglio, dove le resistenze di alcuni governi avevano paralizzato da mesi le trattative. Per Macron è il primo grande successo concreto sulla scena europea: «L’Europa avanza - ha esultato il numero uno dell’Eliseo -, più protezione e meno frodi».

Ma chi sono i lavoratori che ricadono sotto la normativa dei «distaccati»? Tutti quei dipendenti che vengono mandati dalle rispettive società a lavorare in un altro Paese dell’Unione, pur essendo pagati in quello di origine (in cui continuano a versare i contributi). Ora c’è però una condizione da rispettare: il distacco deve avere una durata limitata, che le nuove norme hanno fissato in 12 mesi (il Parlamento voleva 24). Il periodo potrà essere esteso per ulteriori sei mesi su richiesta dell’impresa, ma soltanto se c’è il via libera del Paese ospitante. Il testo approvato prevede poi che al dipendente spetti lo stesso livello salariale e di condizioni stabiliti per la sua categoria nel Paese in cui lavora, inclusi bonus e indennità (come ad esempio la tredicesima). Per BusinessEurope, che riunisce le associazioni di imprenditori europei, si tratta di «un cattivo compromesso mosso dal simbolismo politico».

La riforma - che entrerà pienamente in vigore dopo un periodo transitorio di 4 anni - riscrive la direttiva che risale al 1996, quindi molto prima dell’allargamento dell’Ue del 2004. In questi anni l’Europa è cambiata e l’ingresso nell’area di libera circolazione degli Stati post-comunisti ha creato problemi e disparità nei principali Paesi che accolgono manodopera: su tutti Germania, Francia e Belgio (in ordine decrescente), che da soli ospitano circa il 40% dell’intera forza lavoro distaccata (quasi due milioni nell’Ue secondo i dati aggiornati al 2014). In Italia sono circa 59 mila (quelli in regola) e i problemi di dumping coinvolgono principalmente rumeni e sloveni (insieme fanno il 21% del totale). Costruzioni (43,7%) e industria manifatturiera (21,8%) sono i settori maggiormente interessati. L’applicazione della direttiva esclude però gli autotrasportatori, in attesa di una riforma ad hoc del settore: è questa l’unica concessione che Macron ha fatto a Paesi come Spagna e Portogallo per convincerli a dare il via libera.

La principale destinazione dei lavoratori distaccati italiani è la Svizzera (quasi il 45% degli oltre 91 mila che si trovano fuori dalla Penisola), ma le nuove norme non si applicheranno automaticamente a loro, essendo il Paese fuori dall’Ue. Di certo incideranno sulla rinegoziazione dell’accordo bilaterale che regola i rapporti tra l’Ue e la Confederazione. I lavoratori distaccati non vanno però confusi con i transfrontalieri, che lavorano in un Paese (e per una società) diverso da quello in cui vivono, e nemmeno con chi si trasferisce all’estero in modo permanente. 

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marco Bresolin


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