ebook di Fulvio Romano

venerdì 27 ottobre 2017

Italia condannata per le torture a Bolzaneto

LA STAMPA

Italia

al g8 di genova 2001 No global obbligati a stare in piedi senza bere e mangiare, denudati e costretti a cantare canzoni fasciste


Dopo la Diaz, la seconda decisione della Corte di Strasburgo: 48 attivisti risarciti con 4 milioni di euro

I soprusi furono «torture», come stabilirono d’altronde i processi italiani con il piccolo problema che non esisteva un reato specifico. Soprattutto: dai vertici della polizia non fu adottato alcun provvedimento disciplinare sugli autori, e i buchi nel nostro ordinamento erano così macroscopici che «nessuno ha passato un solo giorno in carcere» per quanto inflitto alle vittime. 

La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo scrive una delle pagine più importanti nella storia giudiziaria del G8, che si svolse a Genova nel 2001. L’Italia è stata condannata a risarcire 48 no global che tra il 22 e il 24 luglio furono detenuti e vessati nella caserma di Bolzaneto, dopo che con altri 11 il nostro Paese aveva concluso una transazione. La cifra fissata dai giudici rasenta i 4 milioni di euro ed è la prima volta che la Cedu si pronuncia su quanto accadde nel carcere speciale allestito alla periferia della città.

Strasburgo aveva già sanzionato l’Italia per i fatti di sedici anni fa, soffermandosi tuttavia sul massacro compiuto alla scuola Diaz, dove gli agenti picchiarono alla cieca oltre 90 noglobal.

C’è una differenza importante fra i due pronunciamenti. Sebbene quello della Diaz fu un blitz sanguinario, sono più alti i risarcimenti fissati per Bolzaneto, dove le sevizie fisiche e psicologiche si protrassero per giorni: i fermati non subirono pestaggi così brutali, ma furono privati del sonno, costretti a rimanere in piedi senza bere e mangiare, dovendo intonare canzoni fasciste. E le donne si dovettero denudare davanti agli uomini in divisa. A Bolzaneto furono trattenute complessivamente 307 persone: italiani, spagnoli, greci, tedeschi, francesi, svizzeri, inglesi, neozelandesi, statunitensi e un lituano. E il «potere pubblico», è scritto nel provvedimento di ieri, «li trattò come oggetti, che hanno vissuto in un luogo “di non diritto”». Mentre i politici si accapigliano nel rivendicare il nuovo reato di tortura o nel contestarlo, il procuratore aggiunto Vittorio Ranieri Miniati che all’epoca sostenne l’accusa ricorda come «fatte le debite proporzioni, alcune dinamiche preordinate ricordavano l’organizzazione d’un lager. E ci fecero paura». [mat. ind.]

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