Esteri
la vittoria, o meglio il trionfo, del miliardario Andrej Babis, il «Trump di Praga», alle elezioni parlamentari della Repubblica Ceca non è stata una sorpresa se non per l’entità del consenso. Superando i più rosei pronostici il suo movimento Ano 2011 (Alleanza dei cittadini scontenti) ha conquistato il 30% dei voti e un distacco netto dagli altri otto partiti entrati in parlamento.
Andrej Babis, il secondo uomo più ricco del Paese con un patrimonio di 4 miliardi di dollari dato da un impero nell’agroalimentare e nei media, è sceso in politica nel 2012 predicando lotta senza quartiere alla casta politica. Allora si ispirava a Obama, oggi ammira Trump e l’ungherese Orbán, contesta i burocrati europei e non vuole saperne di ospitare rifugiati (in un Paese in cui gli immigrati sono lo 0,23% della popolazione). In barba alle due inchieste per frode fiscale (in Repubblica Ceca e in Europa) e alle accuse di essere un ex agente della polizia segreta cecoslovacca dell’era comunista, Babis è riuscito a intercettare i malumori tanto di destra quanto di sinistra e a guidare una campagna elettorale - e un programma politico - verso un orizzonte euroscettico e xenofobo. La vera sorpresa di queste elezioni però - mentre si specula sui partiti con cui Babis potrebbe andare a governare - è l’avanzata di tutto il fronte della destra - e la conseguente sconfitta dei socialdemocratici, passati dal 20,5% al 7,2%. Secondo partito è quello dei Civici democratici (Ods), il più forte partito della destra arrivato all’11%, sfiorato dal 10,7% dell’Spd, partito di destra xenofobo e anti europeista guidato dall’uomo d’affari ceco di origine giapponese, Tomio Okamura.
Monica Perosino