ebook di Fulvio Romano

domenica 10 agosto 2014

Marcovaldo. Adesso si scopre che "in molti sapevano"!

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Cuneo

Il racconto di un’ex collaboratrice del Marcovaldo

“Aprimmo una cella del convento

C’erano videocassette e letame”

Una «stanza dell’orrore» anche nella sede del Marcovaldo, al Convento dei Cappuccini di Caraglio. C’è chi l’ha vista e ora ha deciso di raccontare. «Ero molto giovane, parliamo degli Anni ’90, - dice un’ex collaboratrice che poi ha cambiato completamente lavoro -. Assieme a un’altra ragazza stavamo allestendo una mostra, ma le antiche celle dei frati che ospitavano le sculture erano piene, serviva più spazio. Di fronte all’ufficio di Pellegrino c’era un’altra cella, ma chiusa con catena e lucchetto».

Prosegue: «Cercammo invano le chiavi, poi un’altra collaboratrice disse che le aveva soltanto il presidente: nonostante gliele avesse più volte chieste, lui si era sempre rifiutato. Eravamo sole, così decidemmo di rompere la catena con le tenaglie ed aprire». Entrate all’interno, una scena agghiacciante. «Una stanzetta di dieci metri quadri, con un odore insopportabile di letame, feci e terra sparse ovunque. Guanti di gomma dappertutto, alcuni tagliati. C’erano anche videocassette. Uscimmo subito, sconvolte. Poi arrivò Pellegrino. Vide la porta aperta, capì che eravamo entrate. Si scusò mortificato vergognandosi. Il giorno dopo era tutto pulito».

Di lì in poi, un rapporto di lavoro incrinato? «Non ne parlammo mai. Anzi con noi Pellegrino era sempre molto gentile e premuroso. Dimenticai la vicenda, pensai che quel letame servisse per il giardino del convento. Ma giravano strane voci, di cose simili nella casa a Dronero e al Filatoio». A distanza di tanti anni, lo scandalo: «Inquietante - conclude -. Ripensando a quella storia, mi vengono i brividi». [mt. b.]

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Cuneo


“Diceva che quei giochi erano

un rito per diventare uomini”

I ragazzi di allora ormai adulti ricordano gli inviti del professore

Dietro una montagna di bene si nascondeva il male oscuro della perversione. Che non è iniziata a Costigliole Saluzzo, dove Fabrizio Pellegrino insegnava Lettere alle Medie, ma a Caraglio, suo paese d’origine, dove ha abitato fino a pochi anni fa, prima di trasferirsi in una cascina ristrutturata nella campagna di Dronero.

È nel capoluogo della valle Grana che il professore arrestato l’altro giorno e rinchiuso in carcere a Torino con le accuse di prostituzione minorile, violenza sessuale e pedopornografia avrebbe iniziato a reclutare ragazzi. E portarli a visitare quel rustico di Pratavecchia, dove ancora non c’era il «Giardino della Lunella», per coinvolgerli in giochi sadomasochistici e altre devianze a sfondo sessuale.

«Avevo 15 anni ai primi tempi del Marcovaldo, una sorta di discoteca per adolescenti del paese, realizzata nello scantinato del tennis club - racconta oggi un padre di famiglia -. Fabrizio era molto conosciuto e stimato, sia per il lavoro in Comune da assessore, sia per la miriade di iniziative per i giovani e non solo. Eventi, concerti, spettacoli, viaggi organizzati per famiglie in mete turistiche italiane e straniere. Un vulcano di idee. Aveva anche una fidanzata, ma erano evidenti le sue tendenze: ho capito sulla mia pelle che riguardavano i ragazzini».

Quindi conferma le voci. «A Dronero ci portava sulla sua “Uno” che ogni tanto ci faceva anche guidare, nei campi. Due, tre, anche quattro ragazzi a incontro. Non ricordo come sia iniziata. Diceva che era solo un gioco, un rito per diventare uomini. Disteso in un letto di letame, spesso seminudo, ci faceva indossare gambali, guanti e maschere di gomma e poi pretendeva che lo colpissimo con violenza».

«Mentre gli tiravamo calci rideva, sembrava gli piacesse - continua -. E quando finiva il “gioco”, spesso ci pagava: 10, 20, anche 50 mila lire. Eravamo ragazzini, i soldi ci facevano comodo e forse è per questo che non l’ho mai detto ai miei genitori. Mi vergognavo, sembrava di approfittare di un uomo malato. E poi non ci ha mai toccati. Nessun rapporto o atteggiamento di natura sessuale». Conclude: «Lo scandalo mi ha riportato tutto in mente. Ma non credo che mi rivolgerò agli inquirenti. Ho una famiglia. Le voci in paese? Tanti sapevano». Fatica a crederci un ex sindaco, con cui Pellegrino fu assessore a Politiche giovanili e Cultura: «Un personaggio chiacchierato, ma non avrei immaginato che potesse essere accusato di reati così gravi. Grazie a lui abbiamo acquistato e poi ristrutturato il Filatoio, che oggi è un monumento culturale internazionale. Bravo, dinamico, intelligente, intraprendente, eccezionale nel suo lavoro. Mi spiace molto per i genitori».

Un altro caragliese, oggi sposato, ricorda quel periodo e ne svela il retroscena personale: «Pellegrino disse di essersi innamorato di me e che era anche già stato con altri “bei giovanotti”. Avevo 16 anni. Lo venne a sapere la sua fidanzata e si arrabbiò molto, forse perché capì di essere solo una copertura. Lui insisteva parecchio per avere dei rapporti con me: toccava e abbracciava, ma rispettava i miei rifiuti».

I giochi sessuali nella cascina? «Conosco chi c’è stato e cosa ha fatto, ma a me Fabrizio non l’ha mai chiesto. Sorprende anche la storia delle foto e dei filmini, non credevo arrivasse a tanto. Perché nessuno di noi ha parlato? Altri tempi e Fabrizio troppo ben visto dalla gente. Chi ci avrebbe creduto?».

matteo borgetto


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