ebook di Fulvio Romano

domenica 1 ottobre 2017

Hemingway al caffè Roma di Alassio...

LA STAMPA

Imperia

In questi giorni trovato a Key West un suo manoscritto inedito

Il filo di Hemingway

abbraccia Florida

Riviera e Côte d’Azur

Ad Alassio lanciò con Berrino l’idea di creare il Muretto 

Cosa accomuna la Florida, la nazione del buen retiro degli statunitensi di una certa età, e la Liguria (e perchè no, la Costa Azzurra)? Il clima, certo, ma non solo. C’è un omone, che nella sua vita ha vinto il Pulitzer come giornalista e il Nobel come scrittore, innamorato delle due regioni. Si, proprio lui, Ernest Hemingway. Il legame è stato riannodato proprio in questi giorni, quando da Key West (dove il grande scrittore abitò negli ultimi anni della sua vita per poter andare per mare a pesca di marlin) è rimbalzata in Riviera la notizia che l’uragano Irma ha risparmiato il primo racconto breve di Ernest Hemingway, scritto all’età di 10 anni. Un manoscritto di 14 pagine, composto con grafia incerta, da bambino, piena di cancellature ma che già tradisce la vena letteraria del bambino Ernest. Racconta una storia da grande, la storia di un uomo morto che una volta all’anno lascia la sua tomba per un viaggio in Irlanda. La data riportata sul quadernetto nero è l’8 settembre 1909 e il racconto non ha un titolo. Il ritrovamento è dello scorso maggio, ma i due studiosi che hanno fatto l’importante scoperta, il saggista Brewster Chamberlin e Sandra Spanier, direttrice generale dell’Hemingway Letters Project e professoressa di letteratura inglese alla Penn State University, l’hanno reso noto solo in questi giorni, sottolineando che il taccuino si è salvato dall’uragano Irma. 

Ma torniamo alla Liguria. Lo scrittore alloggiava, era l’estate del 1948, in un grande albergo di Rapallo ma, grande bevitore, aveva voglia del suo whisky preferito, l’Antiquary, una marca da intenditori, difficile da trovare in un’Italia anche oggi, figuriamoci in un paese che a fatica stava ricostruendo sulle macerie. Salì in auto, una Buick decapottabile bianca, e via sull’Aurelia, polverosa e piena di buche, verso la Costa Azzurra, che conosceva molto bene così come molto bene conosceva Sanremo e l’Imperiese (tra l’altro amava moltissimo il Rossese di Dolceacqua). Con fermate in ogni bar lungo la strada alla ricerca dell’Antiquary. Ogni volta l’autista scende per chiedere notizie al barista mentre sui sedili posteriori il passeggero, un omone nascosto dagli occhiali scuri, lo aspetta in compagnia. Pochi passi ed ecco che dal «Caffé Roma», siamo ad Alassio, esce lo chauffeur: «Yes», dice rivolto al passeggero che, a quel punto, si alza pigramente dai sedili in pelle beige e scende dall’auto. Al Caffè Roma, entra un gigante di una simpatia eccezionale, un omaccione da manate sulle spalle (nonostante la fama e la gloria internazionale) che, avanza deciso, con il suo pappagallo avvinghiato al collo e a braccetto di un’esile e graziosissima signora.

Hemingway ritornò tante volte al Caffè Roma, non solo quella estate. Una sera, mentre sorseggiava la sua marca di whisky preferito, Mario Berrino gli mostrò l’album con la raccolta degli autografi dei personaggi più illustri del Caffè Roma, quel volume era scomodo e non soddisfaceva lo scopo di far leggere le celebri firme a tutti. L’ambizione di Mario Berrino era quella di riportare le firme su piastrelle di ceramica da applicare su quel rustico muraglione davanti al bar. Hemingway approvò l’idea ma con scarsa convinzione, temendo che potessero sembrare degli epitaffi. Rimase per un attimo soprappensiero… «A meno che», disse a Mario Berrino, «siano una diversa dall’altra». E aggiunse: «Ok Mario, devi farlo, pensa che technicolor». Nasce il Muretto e il turismo della Riviera non sarà più lo stesso.

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stefano pezzini


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