ebook di Fulvio Romano

venerdì 30 novembre 2012

Folklore Meteo: 1° dicembre. Il sant’Eligio d’inverno.Un altro Santo, un altro Orso...



L’arrivo dell’inverno erapreannunciato nell’antico calendario contadino da tutta unascansione di santi dall’origine remota e misteriosa. Da san Gallo(16 ottobre) a san Martino (11 novembre), da san Frediano ((18novembre) a santa Caterina (25 novembre), da san Colombano (26novembre) a sant’Andrea (30 novembre) il florilegio di detti eproverbi della meteorologia popolare segnava le mosse e le strategiedell’incombente brutta stagione del freddo e della neve. E infattisovente questi santi contadini che affondano le loro radici in unreligiosità precristiana, rinviano nelle loro leggende e biografieall’orso mitico che, presente nelle nostre valli fino all’800,era stato nell’alto Medioevo al centro di una vera e propriavenerazione popolare. Ma Orso voleva anche dire, poiché iniziavaallora il suo letargo, principio dell’inverno e così questi santi“ursini” scandivano con l’aura mitica delle loro viteleggendarie l’arrivo della stagione del riposo della natura edell’ uomo “rusticanus”.Una pausa che sarebbe terminatasoltanto con la Candelora, momento –appunto- del risveglio dalletargo dell’Orso “lunare”. Uno di questi santi,particolarmente venerato in Provenza e nelle terre d’Oc, erasant’Eligio, noto al di là delle Alpi con il nome di saint Eloi e,sulle nostre montagne, come sant’ Aloi. La diffusione del suo cultoera comunque vasta, andando dalle nostre terre (Tenda e Limone, adesempio) alla Liguria ( il sant’Arò di Dolcedo, vicino a Imperia),fino alle montagne di Calabria, dove – a Caulonia- una filastroccapopolare ricordava ad ognuno le tappe di avvicinamento alla festadelle feste, il Natale: “Sant’Aloi porta la nova, allu sei SantuNicola, all’ottu i Maria, allu tridici i Lucia, u vinticincu lubellu Misìa”… L’Europa medioevale era unita e, dalla Calabriaall’ Occitania, dai Pirenei ai Carpazi risuonavano gli stessi cantie si intrecciavano gli stessi riti, come quelli legati a sant’Aloi,un santo venerato in due date tra loro lontane. C’era infatti ilSaint Eloi d’inverno e il Saint Eloi d’estate. Il primo segnalava– al 1° di dicembre- l’inizio ufficiale (in piena armonia con lenostre statistiche meteo) dell’inverno, il secondo sanciva al 25 digiugno il tempo agognato del solstizio estivo, quasi in coincidenzacol San Giovanni del 24. Per questo veniva anche chiamato “gourmand”, non accontentandosi di una sola festa, mentre nella Provenzaoccitana si diceva che “Sant Aloi es un bouon sant, si fèsto douscoup l'an”. Il sant’ Aloi d’inverno era noto come santo deiricchi (ed era infatti patrono degli orefici ), mentre quellod’estate era quello dei “poveri”, venerato dai maniscalchi,dai carrettieri, dai mulattieri e dai lavoratori in genere. Comeavveniva a Limone nella Baija di sant’Aloi di inizio luglio quandosi esibivano i cavalieri di Sant’Eligio della società deiMulattieri e si facevano feste e cortei carnevaleschi , dove –guarda caso- come ci racconta Euclide Milano- compariva anche lamaschera dell’Orso. Un animale mitico più che in sintonia con ilsanto, visto che anche per Eloi la tradizione racconta di unplantigrado che sarebbe stato ammansito dal santo in una localitàche, da allora, viene chiamata Ourscamp, il campo dell’orso. Unsanto, un orso. Proprio come per tante altre divinità contadine edalpine: come Colombano, Gallo e come Martino, ad esempio, che abbiamovisto segnalare a loro volta i passi sempre più ravvicinatidell’inverno. E, allora, l’Orso di Aloi era a sua volta unindicatore del tempo in arrivo. Come diceva il detto, secondo cui ilfreddo al 1° dicembre avrebbe portato con sé il gelo per tre (oaddirittura quattro) mesi:

“Quand sant Alòi a l’a freid,
quatr mesi a dura ‘l freid”

Fulvio Romano
(da Ousitanio vivo del novembre 2011)



La Leggenda di saint-Eloi e l’orso
(da Vikipedia)


Ourscamp est mentionné sous les formes Ursi campus au VIIe s., Urbs campus en 814, Ursi campo vers 880, Ossi campus en 1147, d'Oscans en 1255, de Ourcans, Ourcamps. en 1280 (DT)1
Il s'agit d'une formation médiévale en -camp, c'est-à-dire « champ » en picard, avec précession du nom de personne, typique de l'influence germanique. Cet anthroponyme roman Ursus est fréquemment attesté au Moyen Âge et est issu du nom latin de l'ours.
Une origine légendaire nous est parvenue du ve siècle, autour du saint évagélisateur Éloi. Voulant se retirer en bordure de l'Oise dans un lieu proche de la forêt, l'évêque de Noyon Éloi (celui de la chanson Le Bon roi Dagobert), demande à édifier un oratoire en rive gauche de la rivière. Pendant la construction, un ours sort de la forêt et tue l'un des bœufs tirant le charroi. Informé de cela, Éloi vient sur place, appelle l'ours et lui intime l'ordre de prendre la place du bœuf tué. L'ours s'exécute docilement jusqu'à la fin des travaux2. La légende l'ours a parcouru le temps jusqu'à nos jours à travers des souvenirs. Des ours auraient été élevé jusqueau xvie siècle dans une tour de l'abbaye cistercienne. Les armes des abbés d'Ourscamp étaient ornés d'un ours emmuselé passant. Au xviiie siècle, la grille d'honneur de l'abbaye était encadrée de deux piédestaux surmontés d'ours. Enfin, depuis le xixe siècle, un ours est sculpté sur le fronton central du château abbatial.


La tradizione di sant'Aloi era presente e viva anche in Calabria dove si cantava questa filastrocca:

Sant’Aloi
porta la nova
Lu sei è di Nicola
L’ottu ‘i Maria
Lu tridici ‘i Lucia
Lu vinticincu
lu bellu Missia