Italia
Il clima che cambia
Il clima che cambia
Allarme per l’arrivo di Ophelia
Domenica al largo del Portogallo, poi declassato a tempesta in Irlanda
Mareggiate, venti forti e picchi di calore. L’Italia è fuori dalla rotta
Domenica al largo del Portogallo, poi declassato a tempesta in Irlanda
Mareggiate, venti forti e picchi di calore. L’Italia è fuori dalla rotta
A trent’anni esatti dalla «Great Storm» (classificato come tempesta, non come uragano) che il 15-16 ottobre 1987 devastò l’Inghilterra in maniera imprevista, ora alle coste atlantiche europee si sta avvicinando l’uragano tropicale Ophelia. Attualmente è collocato a Sud delle isole Azzorre e la sua traiettoria è ancora un po’ incerta, ma si attende che il vortice passi al largo del Portogallo e della Galizia domenica, sfilando poi - benché declassato a tempesta extra-tropicale - appena a Ovest dell’Irlanda lunedì con raffiche di vento oltre i 100 km/h e mareggiate, per esaurirsi a metà della prossima settimana verso le coste norvegesi. Anche la Gran Bretagna dovrebbe essere interessata almeno nelle zone più occidentali, ma con effetti probabilmente paragonabili a quelli di un’ordinaria burrasca autunnale.
Oltre ai venti forti, si avvertirà inizialmente una tardiva vampata d’aria calda, sospinta verso Nord proprio dalla profonda depressione, con temperature fino a 34° C in Portogallo e più di 20° C a Londra.
Non è la prima volta che un uragano tropicale (da non confondere con le pur violente tempeste dette invece «extra-tropicali» che a ripetizione colpiscono il Nord Europa) giunge presso il vecchio continente. Intanto, quasi ogni autunno accade che i resti di tempeste tropicali atlantiche, dopo aver colpito con violenza i Caraibi e gli Stati Uniti, compiano un arco fin verso l’Islanda, le isole britanniche e la Scandinavia, ma ormai come ordinarie depressioni inglobate nella circolazione atmosferica della fascia temperata, indebolite dal passaggio sopra acque oceaniche più fredde. È invece più insolito che, come in questo caso, un uragano si avvicini a noi direttamente dall’area delle Azzorre.
Il caso più eclatante è del settembre 1961, quando Debby causò un incidente aereo con 60 vittime nell’arcipelago, e poi - poco dopo il declassamento a sistema extra-tropicale - colpì duramente l’Irlanda con venti a 170 km/h, gravi distruzioni e altri 18 morti. In seguito è accaduto con Vince, approdato l’11 ottobre 2005 come «depressione tropicale» presso Huelva, in Spagna, e rapidamente dissipatosi nell’entroterra andaluso dopo aver portato benefiche piogge al termine di una grave siccità estiva. E ancora, a fine settembre 2006, con Gordon, che peraltro seguì un percorso molto simile a quello che dovrebbe assumere Ophelia fino a portare venti burrascosi e piogge intense dal Portogallo all’Irlanda al Regno Unito, ma come sistema ormai extra-tropicale.
Sono situazioni recenti, colpa del riscaldamento globale indotto dall’uomo? Di preciso non lo sappiamo, ma forse almeno in parte sì. D’altronde le acque degli oceani sono sempre più calde e quindi favorevoli a supportare lo sviluppo e il mantenimento di uragani con caratteristiche tropicali anche a latitudini insolite, con un loro ampliamento verso Nord di una cinquantina di chilometri al decennio secondo lo studio «The poleward migration of the location of tropical cyclones maximum intensity» pubblicato nel 2014 su «Nature». Tuttavia solo da mezzo secolo osserviamo e prevediamo nei dettagli il comportamento di questi fenomeni grazie a satelliti, aerei e modelli al calcolatore: se un secolo fa un uragano tropicale si sviluppava al largo delle coste europee, difficilmente lo si poteva distinguere da una normale seppur intensa perturbazione.
Ci sono rischi per l’Italia al passaggio di Ophelia? Assolutamente no. L’uragano rimarrà lontano migliaia di chilometri, e noi resteremo anzi per giorni e giorni sotto un tenace anticiclone che azzererà ogni speranza di pioggia soprattutto per le assetate regioni nord-occidentali.
Luca Mercalli