Di Jenner Meletti
MIRANDOLA (Modena) - E queste - si chiesero i contadini - da dove arrivano? Strane bestiole, le cimici asiatiche (Halyomorpha halys). "Sembravano diverse dalle nostrane - racconta Francesco Vincenzi, grande coltivatore di pere nel mirandolese - solo per il colore: scure e non verdi come l'italica Nezara viridula. Correva l'anno 2012 e non capimmo subito che stava arrivando un vero disastro. Queste nuove cimici attaccano tutto. Le elimini, se ci riesci, dal pero e volano sul melo. Le cacci ancora e te le trovi sulla vite, sull'albicocco e poi ancora sul pero. E in autunno ti arrivano in casa. Le prime le hanno viste accanto all'Autosole, a Campogalliano, uscite forse da un container partito dall'Asia. Poi sono volate qui, nella Bassa. Quest'anno mi è andata abbastanza bene, ho perso il 10-15% delle pere. Ma altre aziende sono state quasi distrutte".
Lunga fra i 12 e i 17 millimetri, colori fra il grigio e il marrone, la cimice asiatica in poco tempo è diventata il peggior nemico della frutticoltura italiana. La prima apparizione in Emilia cinque anni fa, poi l'H. halys è stata trovata in Piemonte e Lombardia nel 2013, in Friuli, Veneto, Liguria e Toscana nel 2014 e nel 2015 nel Trentino e nelle Marche. "Anche attraverso il dna - dice Lara Maistrello, entomologa dell'Università di Modena e Reggio Emilia - abbiamo accertato che la H.halys presente in Italia è arrivata da zone diverse della Cina e dalla Corea. Bisogna studiarne la provenienza per capire in che modo si possono combattere, perché reagiscono in modo diverso al clima e agli insetticidi".
Maistrello è anche responsabile scientifica del Psr (Programma sviluppo rurale) della Regione Emilia Romagna contro la cimice asiatica. "È davvero tremenda", sintetizza. "È capace di volare per 2,5/5 chilometri al giorno e attacca ogni frutto. Abbiamo accertato che una femmina riesce a deporre in media 285 uova all'anno, e dopo le madri, nella stessa stagione, depongono le figlie. Fermarle è difficilissimo. Trovi le cimici, prepari il trattamento, ne ammazzi una parte e le altre cambiano "banchetto". Il trattamento non dura in eterno, il giorno dopo l'albero è già accessibile. Anche con l'uso di neonicotinoidi, piretroidi e fosforganici non si sono raggiunti grandi risultati: non puoi insistere perché ammazzi anche gli insetti utili, come gli impollinatori".
Il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura) di Firenze l'anno scorso ha annunciato la scoperta di un "predatore", l'Ooencyrtus telenomicida, un imenottero di meno di un millimetro in grado di "parassitare" le uova di cimice impedendone la proliferazione. "Sono stati provati anche nella mia azienda - dice Francesco Vincenzi - ma almeno per ora i risultati non sono decisivi". "L'H.halis - racconta Maistrello - ha la sua forza principale nel fatto di essere un'aliena, che qui da noi non ha antagonisti specifici. Per fortuna, soffre il clima: nel 2016 il fresco e la pioggia hanno ridotto le uova, nel 2017 il troppo caldo ha ucciso parte dei giovani e delle uova. Ma le cimici rimaste hanno risolto il problema andando sulle piante da frutto in buona salute, quelle ben irrigate". E il timore è che col freddo dei prossimi giorni possano cercare rifugio nelle case, per trascorrervi l'inverno in una sorta di letargo.
Secondo il Crea nel 2016 in Italia è stato perso oltre il 40% di pere e kiwi, con danni pesanti anche a mele, pesche, uva, pomodoro, noci, nocciole, mais, soia. "Sono circa 300 - dice Lorenzo Bazzana, responsabile economico della Coldiretti - le colture che possono essere colpite. Questo insetto ha un apparato boccale pungente e succhiante e con la saliva provoca necrosi e deformazione nei frutti. In ogni fase di vita, dalle uova alla maturità, riesce comunque a fare danni. L'invasione è stata ed è veloce e altrettanto pronta deve essere la reazione, con fondi per la ricerca e per strumenti di difesa passiva".
Fra questi, le reti di protezione anti-insetto. L'Emilia Romagna nei giorni scorsi ha stanziato 10 milioni, la Lombardia ne ha destinati 2,5. "Potranno essere messe - spiega l'entomologo Massimo Bariselli, del Servizio fitosanitario dell'Emilia Romagna - soprattutto nei frutteti che hanno già le reti anti-grandine, come bande laterali. Le prime sono già in funzione, molte altre saranno montate a inizio 2018. Facciamo di tutto, per salvare i frutteti. Pensiamo anche a colture-trappola, come il favino, la soia, il pisello, che piacciono alle cimici e dovrebbero distrarle da colture più costose. L'importante è fare rete, fra Regioni ed enti di ricerca (università, Crea, Cnr), con i tecnici sul territorio e gli agricoltori. Speriamo di farcela".
Lunga fra i 12 e i 17 millimetri, colori fra il grigio e il marrone, la cimice asiatica in poco tempo è diventata il peggior nemico della frutticoltura italiana. La prima apparizione in Emilia cinque anni fa, poi l'H. halys è stata trovata in Piemonte e Lombardia nel 2013, in Friuli, Veneto, Liguria e Toscana nel 2014 e nel 2015 nel Trentino e nelle Marche. "Anche attraverso il dna - dice Lara Maistrello, entomologa dell'Università di Modena e Reggio Emilia - abbiamo accertato che la H.halys presente in Italia è arrivata da zone diverse della Cina e dalla Corea. Bisogna studiarne la provenienza per capire in che modo si possono combattere, perché reagiscono in modo diverso al clima e agli insetticidi".
Maistrello è anche responsabile scientifica del Psr (Programma sviluppo rurale) della Regione Emilia Romagna contro la cimice asiatica. "È davvero tremenda", sintetizza. "È capace di volare per 2,5/5 chilometri al giorno e attacca ogni frutto. Abbiamo accertato che una femmina riesce a deporre in media 285 uova all'anno, e dopo le madri, nella stessa stagione, depongono le figlie. Fermarle è difficilissimo. Trovi le cimici, prepari il trattamento, ne ammazzi una parte e le altre cambiano "banchetto". Il trattamento non dura in eterno, il giorno dopo l'albero è già accessibile. Anche con l'uso di neonicotinoidi, piretroidi e fosforganici non si sono raggiunti grandi risultati: non puoi insistere perché ammazzi anche gli insetti utili, come gli impollinatori".
Il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura) di Firenze l'anno scorso ha annunciato la scoperta di un "predatore", l'Ooencyrtus telenomicida, un imenottero di meno di un millimetro in grado di "parassitare" le uova di cimice impedendone la proliferazione. "Sono stati provati anche nella mia azienda - dice Francesco Vincenzi - ma almeno per ora i risultati non sono decisivi". "L'H.halis - racconta Maistrello - ha la sua forza principale nel fatto di essere un'aliena, che qui da noi non ha antagonisti specifici. Per fortuna, soffre il clima: nel 2016 il fresco e la pioggia hanno ridotto le uova, nel 2017 il troppo caldo ha ucciso parte dei giovani e delle uova. Ma le cimici rimaste hanno risolto il problema andando sulle piante da frutto in buona salute, quelle ben irrigate". E il timore è che col freddo dei prossimi giorni possano cercare rifugio nelle case, per trascorrervi l'inverno in una sorta di letargo.
Secondo il Crea nel 2016 in Italia è stato perso oltre il 40% di pere e kiwi, con danni pesanti anche a mele, pesche, uva, pomodoro, noci, nocciole, mais, soia. "Sono circa 300 - dice Lorenzo Bazzana, responsabile economico della Coldiretti - le colture che possono essere colpite. Questo insetto ha un apparato boccale pungente e succhiante e con la saliva provoca necrosi e deformazione nei frutti. In ogni fase di vita, dalle uova alla maturità, riesce comunque a fare danni. L'invasione è stata ed è veloce e altrettanto pronta deve essere la reazione, con fondi per la ricerca e per strumenti di difesa passiva".
Fra questi, le reti di protezione anti-insetto. L'Emilia Romagna nei giorni scorsi ha stanziato 10 milioni, la Lombardia ne ha destinati 2,5. "Potranno essere messe - spiega l'entomologo Massimo Bariselli, del Servizio fitosanitario dell'Emilia Romagna - soprattutto nei frutteti che hanno già le reti anti-grandine, come bande laterali. Le prime sono già in funzione, molte altre saranno montate a inizio 2018. Facciamo di tutto, per salvare i frutteti. Pensiamo anche a colture-trappola, come il favino, la soia, il pisello, che piacciono alle cimici e dovrebbero distrarle da colture più costose. L'importante è fare rete, fra Regioni ed enti di ricerca (università, Crea, Cnr), con i tecnici sul territorio e gli agricoltori. Speriamo di farcela".