ebook di Fulvio Romano

giovedì 19 ottobre 2017

Ulisse o della collaborazione un eroe diverso da tutti gli altri

LA STAMPA

Cultura

In un mondo ancora dominato dalla forza fisica e dal coraggio, un nuovo modello 

di giustizia e autocontrollo. L’intervento di Eva Cantarella per le Lezioni Laterza

Scomparsa la struttura politica, finanziaria e amministrativa accentrata nei palazzi dei sovrani micenei, la vita continuò nelle comunità locali, dislocate nel territorio, composte da gruppi familiari la cui struttura sociale, in mancanza di un’autorità sovraordinata, rimase basata sulla competizione tra le famiglie, basata su un’etica in cui non esistevano comportamenti leciti e comportamenti illeciti. Esistevano comportamenti che offendevano, mettevano in dubbio la timé, l’onore di chi li subiva (e del suo gruppo familiare), rendendo la vendetta un dovere sociale. Sennonché, con il tempo, all’interno di questi gruppi si determinò l’esigenza (per non dire l’assoluta necessità) di limitare lo stato di incessante belligeranza cui la competizione sociale dava luogo, affidandone la speranza all’affermarsi di nuovi valori di tipo collaborativo, dei quali i poemi descrivono la prima comparsa e il progressivo diffondersi. E con i nuovi valori cambiò, ovviamente e inevitabilmente, anche il modello dell’eroe.

Le virtù dell’eroe del mondo della vendetta erano la forza fisica e il coraggio, di cui l’eroe doveva dar prova in primo luogo in guerra. E nella vita comunitaria l’abilità di parola, percepita sin dall’inizio della storia greca come strumento di potere. Se era «buon parlatore», l’eroe riusciva a imporre la propria opinione. 

Ma nel nuovo mondo che andava profilandosi (e perché avesse compimento) erano necessarie altre virtù. Era necessario un nuovo modello di eroe, che avesse carattere e virtù diverse: il modello rappresentato da Ulisse. Un personaggio, a ben vedere, assai più complesso di quanto non si tenda abitualmente a pensare, e sotto alcuni aspetti (e non a caso) contraddittorio.

Ulisse, infatti, da un canto possedeva tutte le qualità necessarie per essere un eroe nel mondo della vendetta, dall’altro possedeva qualità, virtù (e di conseguenza teneva comportamenti) nuovi e diversi. Non alludo qui alla sua proverbiale l’astuzia, la metis. Ci interessano altre sue caratteristiche: la giustizia e la capacità di autodeterminarsi, di controllare emozioni e impulsi al punto da riuscire ad autocontrollarsi. [...]

Ulisse dichiara: «Mai un uomo dovrebb’essere ingiusto» (Od., XVIII, 141); approdato a Scheria, per prima cosa si preoccupa di essere giunto nella terra di uomini «agri e senza giustizia» (Od., VI, 120). La stessa preoccupazione lo assale quando, finalmente, si risveglia, senza sapere dov’è, sulla spiaggia di Itaca (Od., XIII, 201.

Sotto questo profilo Ulisse è unico. Anche altri eroi, infatti, vengono a volte definiti giusti: Nestore, ad esempio, o Sarpedone, capo dei Lici. Ma si tratta di riferimenti sporadici, che non tornano a caratterizzare un personaggio, come nel caso di Ulisse.

Per quanto riguarda la capacità di autodeterminarsi e controllare i propri impulsi, a conferma del fatto che non era virtù «eroica» basta ricordare il carattere e il comportamento di Achille, la cui ben nota ira funesta non conosce limiti, non conosce ragionamento, non calcola le conseguenza a lungo termine. Nella logica eroica dell’onore e della vendetta, di cui Achille è il perfetto esponente, è evidente che il controllo di sé non è una qualità necessaria. Ma Ulisse, più di una volta, dimostra di possederla.

Primo esempio: Ulisse è chiuso nell’antro del Ciclope Polifemo, che ha appena divorato due dei suoi compagni. Il suo primo impulso è quello di avventarsi sul Ciclope per ucciderlo. Ma non lo fa. Se lo facesse, non riuscirebbe più a uscire dalla spelonca nella quale Polifemo lo ha rinchiuso.

Secondo esempio: tornato a Itaca e entrato nella sua reggia in veste di mendicante, Ulisse si sistema per la notte, facendosi un giaciglio nell’atrio. E mentre medita la vendetta che sta per compiere, scopre che alcune delle sue ancelle lo hanno tradito, passando dalla parte dei Proci, con i quali tra l’altro si accoppiano. Inutile dire che Ulisse vorrebbe reagire immediatamente, punire come meriterebbero le ancelle. Ma se lo facesse farebbe fallire il piano organizzato per uccidere i Proci.

Ancora una volta, è l’autocontrollo che consente a Ulisse di raggiungere i suoi obiettivi. E il momento in cui realizza questi obiettivi è quello in cui mostra, con i fatti, di essere diverso dagli altri eroi.

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Eva Cantarella


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