ebook di Fulvio Romano

venerdì 13 ottobre 2017

La grande fuga dei turisti da Barcellona

LA STAMPA

Esteri

Crollo di prenotazioni e crociere cancellate


Allarme dagli hotel. Rajoy: la Generalitat fa più danni degli attentati 

Sono passati solo due mesi, ma sembra un’era geologica. Ad agosto a Barcellona non si parlava d’altro: bisogna limitare il turismo. Nessuno trovava la ricetta. La soluzione ora forse è arrivata, ma è troppo drastica: i turisti stanno cancellando le prenotazioni a causa delle tensioni generate dalle spinte indipendentiste. Le strade si riempiono di manifestanti, di tutte le opinioni, e si svuotano di visitatori. Gli albergatori hanno lanciato l’allarme: con tutta questa passione politica gli ospiti cominciano a cancellare i soggiorni. Gli alberghi di alto livello (4 e 5 stelle) lamentano cali del 15-20%, gli affittuari di case vacanze raddoppiano la percentuale, 40%. La media generale si assesterebbe intorno al 20%. Persino alcune navi da crociera, almeno tre per il momento, hanno preferito saltare la tappa catalana per attraccare a Valencia, anche perché al porto di Barcellona stanziano da tre settimane due navi cariche di poliziotti spagnoli. Un’altra cifra spiega ciò che rischia la città: il settore dà lavoro diretto a oltre 70 mila persone.

Barcellona in realtà non è affatto pericolosa, di scontri veri e propri non ce ne sono stati, a parte le cariche della polizia agli elettori del referendum del primo ottobre, che in nessun modo hanno coinvolto i turisti. Eppure l’immagine di Barcellona, spesso associata a movida e spensieratezza, viene oggi macchiata dal clima di tensione che le cronache dei media mettono in risalto. I più inclini a cancellare sono i viaggiatori last minute e quelli che, al contrario, hanno prenotato vacanze molto in là nel tempo. Altre disdette arrivano dai congressi. Gli albergatori hanno subito percepito i rischi e hanno scritto una lettera agli ospiti: «I problemi che abbiamo avuto negli ultimi giorni sono stati ingigantiti all’estero, ma la vita della città non è stata alterata. Presto - prevedono i proprietari degli hotel - si capirà che sono state circostanze eccezionali che ci lasceremo alle spalle».

Il primo colpo l’aveva assestato l’attacco terrorista del 17 agosto alla Rambla. Poi, le tensioni politiche. Tra i due elementi, paradossalmente, ha fatto più paura il secondo. Rajoy l’ha detto chiaramente mercoledì scorso al Congresso dei deputati: «L’indipendentismo sta facendo più danni al turismo di quanti ne abbia fatti il terrorismo jihadista», parole forti, che però si basano su una serie di dati, ancora non scientifici, raccolti dagli albergatori da quando la tensione, seppur quasi sempre pacifica, ha preso il sopravvento.

Riavvolgendo di poco il nastro si trovano cortei di tutt’altro segno: gli abitanti della capitale catalana scendevano in piazza per protestare contro i loro quartieri carichi di comitive, dei negozi di souvenir che soppiantavano le botteghe di sempre e dei condomini invasi da appartamenti in affitto su Airbnb. A testimonianza del fatto che il fenomeno avesse preso una piega conflittuale, fu coniato anche un neologismo, «turismofobia». I più estremi erano anche passati all’azione, con scritte sui muri, ma anche con un assalto per tagliare le gomme a un bus turistico davanti al Camp Nou, più altri episodi marginali. «In fondo la turismofobia è una forma di nazionalismo», dice Fernando Gallardo, esperto di fenomeni turistici, «nascono entrambe dall’idea che il territorio lo gestisce solo chi lo abita».

Il sindaco di Barcellona Ada Colau vinse le elezioni grazie a una campagna elettorale ricca di promesse contro il turismo di massa (furono decisivi i voti nei quartieri più frequentati, il quartiere gotico, la Barceloneta e la zona della Sagrada Familia), dopo multe agli affittuari abusivi e moratorie alla costruzione di hotel in centro, i visitatori non calavano. Anzi. Ora Colau è costretta al discorso opposto: «Turisti tornate presto». [f. oli.]

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