ebook di Fulvio Romano

mercoledì 4 ottobre 2017

I precisini

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I precisini

Matteo Salvini è rimasto colpito dagli scontri in Catalogna. Dice che di elettori manganellati dalla polizia non se ne vedevano dai tempi dell’Unione Sovietica. Vabbè, in Unione Sovietica gli elettori non li hanno mai manganellati, non c’era bisogno. Ma sono dettagli. È sempre una questione di dettagli. Salvini mesi fa ha detto che i nostri soldati morirono sul Piave per difendere i confini, e poi era esattamente il contrario, si voleva ampliarli, ma che importa? Ricordiamo tutti Luigi Di Maio, e la sua paura che l’Italia di Matteo Renzi diventasse come il Venezuela di Pinochet. Eh vabbè, era il Cile di Pinochet, ma Venezuela e Cile non sono poi così lontani: circa tremila chilometri. In fondo anche per Matteo Renzi l’Italia invase militarmente l’Istria e, all’obiezione di Bruno Vespa («semmai è l’opposto»), replicò «non stiamo lì a fare i precisini». Massì, non stiamo lì a fare i precisini. Dov’è che combatté Napoleone? Ad Auschwitz, come ha detto Ale Di Battista? O era Austerlitz? Ma non stiamo lì a fare i precisini. Silvio Berlusconi voleva incontrare papà Cervi ed era morto da decenni? Che precisini. Valeria Fedeli fece incontrare Napoleone e Vittorio Emanuele III, sebbene siano nati a cento anni di distanza? Non siate noiosi, Giovanni Sartori la chiamava asinocrazia, ma non lo ripeterebbe, non ci fa più caso nessuno: sapere è diventato un vezzo da damerini. L’importante è dire, anche se non si sa che cosa si sta dicendo, e avere pressappoco un’idea del mondo ed imbastirci suppergiù una politica, all’incirca per l’Italia. 

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Mattia Feltri