ebook di Fulvio Romano

mercoledì 4 ottobre 2017

“ Così le malattie tropicali cambieranno la nostra verdura”

LA STAMPA

Italia

L’allarme dei medici delle piante


I fitopatologi: col surriscaldamento globale esodo dei batteri a Nord 

Dalle piantagioni di cacao e di cotone alla rucola e al cavolfiore. I funghi e batteri tipici dei Tropici stanno emigrando a Nord e iniziano a infestare le colture italiane. Gli ultimi arrivati sono il myrothecium, che colpisce ad esempio lo spinacio, e il fusarium equiseti, incubo di verdure come il ravanello. Le foglie si riempiono di macchie, fino a seccarsi. 

È la globalizzazione a far arrivare fin qui semi malati, ma sono l’aumento di anidride carbonica, con i gas di scarico, e la temperatura da bollino rosso, che li fa proliferare a queste latitudini. A lanciare l’allarme sono i fitopatologi italiani, i medici delle piante, durante l’annuale incontro da oggi a venerdì a Piacenza. Il tema del cambiamento climatico è trasversale a molti dei 150 lavori presentati. 

«I funghi tropicali sono resistenti e contagiosi: riescono a infettare piante molto diverse», spiega Lodovica Gullino, presidente della società italiana di patologia vegetale. Nel centro che dirige, Agroinnova, legato all’Università di Torino, da anni si studiano gli effetti dei cambiamenti climatici con le “macchine del tempo”: stanze dove si fanno raddoppiare la CO2 e salire la temperatura fino a 5 gradi in più. Lo scenario più drammatico, ma serve a delineare un trend. Condizioni ambientali che faranno anche cambiare le piante: «Avranno foglie e fusto più grandi - spiega la ricerca di Agroinnova - perché aumenta la fotosintesi».

Ma non sono solo i funghi tropicali a preoccupare, caldo e inquinamento fanno proliferare malattie “tipiche”, come il mal bianco dello zucchino o la peronospora della vite. E l’anidride carbonica fa aumentare le muffe. I nuovi arrivati hanno colpito in questi anni kiwi, basilico, olivo. «L’agricoltura russa potrà avere benefici. Quella italiana per lo più problemi e tenderà ad avvicinarsi al Nord Africa. È a rischio la biodiversità». La percentuale di foglie infette da funghi tropicali sale dal 25 al 40 per cento se la temperatura passa dai 20-25 gradi ai 26-30.

Il vero allarme scatta quando i funghi producono tossine. Paola Battilani, dell’Università Cattolica di Piacenza, ha studiato per l’Efsa, l’agenzia europea per la sicurezza alimentare, che relazione c’è tra cambiamenti climatici e diffusione in Europa dell’aflatossina, sostanza tossica per l’uomo e il bestiame. «Gli attacchi adesso sporadici diventeranno costanti come in Africa - dice: -. Nel Nord Italia lo constatiamo già: si erano presentati per la prima volta nel 2003, poi solo qua e là fino al 2012. Sono tornati in modo diffuso nel 2015, poi 2016 e quest’anno». Colpisce le coltivazioni di frutta secca, e il mais. «In Italia gli ettari coltivati a mais sono scesi da un milione a 800 mila, anche per colpa della tossina». Il team di Battilani intende batterla sul suo stesso terreno: ha brevettato un fungo «buono» per contrastare quello cattivo. Ma i rimedi sono i più vari. Dai farmaci alla selezione in laboratorio di specie più resistenti a caldo e siccità, alla raccolta anticipata com’è avvenuto quest’anno a metà agosto per la vendemmia. Sonia Marín, dell’Università spagnola di Lleida, presenterà uno studio che dimostra l’aumento delle tossine nei cereali e frutta a guscio anche per i cambiamenti climatici. E l’Università di Firenze ha deciso di indagare il loro effetto sulle foreste: «Studieremo nella storia centenaria degli alberi la presenza di microrganismi di ieri e di oggi - spiega il prof Paolo Capretti -. Da poco, nelle foreste europee è arrivato un fungo californiano».

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fabrizio assandri


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