Cultura
Da zizou a vivendi
Il derby infinito
tra Roma e Parigi
Ah, les italiens… È sempre così. Quando si ricomincia a litigare, sembra di sentire sullo sfondo la solita cantilena: ah, gli italiani… È un derby infinito, la testata di Zinedine Zidane nello stomaco di Materazzi durante la finale di Berlino 2006, ne è l’icona, insieme grottesca e simbolica.
Ora sarebbe da provinciali banalizzare il no di Emmanuel Macron alla Fincantieri paragonandolo a una rabbiosa reazione di un calciatore sul campo di gioco. Il giovane leader francese è impegnato in ben altra impresa: ridare alla Francia la grandeur appannata. Ma nel faccia-faccia tv con Marine Le Pen, a quattro giorni dal ballottaggio che lo avrebbe trionfalmente portato all’Eliseo, l’affare dei cantieri di Saint-Nazaire è stato uno dei pochi momenti in cui si è trovato in difficoltà. La Le Pen non aveva usato giri di parole: «avete svenduto i nostri cantieri agli italiani». E quell’«aux italiens» fu detto con un tono che veniva da una lunga storia. E da Macron non è arrivata una risposta né convinta né convincente.
È una rivalità che non muore, viviamo - anche - dei nostri reciproci luoghi comuni, danno sicurezza e identità. Che sia Alitalia-Air France, Vivendi-Mediaset, la governance di Telecom. All’impulso nazionalistico che si leva sempre più forte da ogni parte d’Europa, tra Francia e Italia si sommano le antiche ruggini e i soliti sospetti. Macron si prepara a un autunno caldo sulla riforma dei contratti di lavoro, la madre di tutte le battaglie politiche che lo aspettano. Ha bisogno di rafforzare la sua base di consensi che già sembra indebolirsi, anche sfondando in territorio nemico, l’elettorato lepenista. Il dinamismo in politica estera non basta. È sulla riconquista dell’identità francese che si gioca la partita interna.
E qui «les italiens» tornano un comodo bersaglio che rivela un iceberg di pregiudizi. Pochi giorni fa è scomparso Max Gallo, giornalista, storico, accademico di origini italiane che aveva fatto della spiegazione dell’Italia ai francesi uno punti forti del suo discorso pubblico. Gallo era un passionale combattente delle idee, un implacabile nemico dei luoghi comuni e delle «idee ricevute», per dirla con Flaubert. Fu forse il solo intellettuale francese che nel caso controverso caso del terrorista-scrittore Cesare Battisti seppe andare contro il conformismo non solo gauchista che dipingeva l’Italia degli Anni Settanta come una caricatura del Cile di Pinochet. Un caso simbolico e rivelatore.
Dopo il sorriso irridente e irritante di Sarkozy nei confronti del Berlusconi cadente, la sinistra francese ha preso Matteo Renzi per modello politico: Manuel Valls da primo ministro chiedeva agli esperti di Italia resoconti continui sulla sua politica e progettava di cambiare nome al partito: da partito socialista a partito democratico. E anche la performance di Macron è cominciata su quella scia di rinnovamento della politica.
Il ritorno delle identità richiede le stimolazione di tutti gli stereotipi. La crisi dell’Europa è il mancato riconoscimento di un interesse comune. Che sia neo gollismo o bonapartismo (il dibattito è vivo in Francia) Emmanuel Macron ha dispiegato la sua «force de frappe»: Libia, migranti, cantieri navali. Ah questi francesi!
Cesare Martinetti