ebook di Fulvio Romano

lunedì 18 agosto 2014

Licia Troisi: perché ho successo? Racconto cose eterne

La STAMPA

Cultura

Licia Troisi

Le sue eroine portano nomi di stelle lontane e sono ragazze guerriere, «combattenti, perché la vita è una lotta», sorride con sguardo da elfo Licia Troisi, la regina del fantasy italiano, 33 anni, una laurea in Astrofisica e 3 milioni e mezzo di libri venduti in tutto il mondo. Storie che parlano di mondi fantastici e draghi dalle scaglie lucenti, misteriosi stregoni e riti sanguinari, oscure maledizioni e fanciulle che impugnano la spada nell’eterna guerra tra Bene e Male, al loro fianco ragazzi riflessivi, sensibili, a volte intellettuali, altre protettivi e «accudenti».

«Io lo vedo così il rapporto di coppia, almeno è così tra me e mio marito. Ci conosciamo dall’università, è astrofisico come me, e mi tiene in equilibrio: io sono inquieta, lui è uno stabilizzatore, io scrivo, lui lava i piatti, perché, insomma, sono l‘artista di casa, devo creare». Un po’ come accade nell’altra saga fantasy amatissima dagli adolescenti, Hunger Games, dove è la guerriera con l’arco Katniss a salvare il mondo insieme con il dolce Peeta, preferendolo al tostissimo Gale (cosa che peraltro non manca di dividere il pubblico femminile).

Una guerriera lo è senza dubbio, Licia Troisi, all’attivo una figlia di 3 anni e più di venti romanzi, pubblicati in Italia da Mondadori e tradotti in 19 paesi. Eroina del pubblico «young adult», in realtà lei, quando scrive, non ha in mente un target, ma una storia. «A chi mi rivolgo? A tutti e a nessuno, mi limito a seguire il flusso narrativo e creativo. Devo scrivere per vivere, la scrittura ha sempre fatto parte di me. Ho iniziato a raccontarmi storie da piccola, per addormentarmi, sono figlia unica e mi tenevo compagnia con i miei personaggi. Ho anche scritto un libro di fiabe, Le mille e una Licia. Mio padre con pazienza le aveva trascritte al computer, io le avevo illustrate. Nell’adolescenza poi tenevo un diario: ho fatto il liceo classico e l’università, dove ho incontrato il mio fidanzato. Lui mi ha fatto scoprire Tolkien, Terry Brooks e il genere fantasy classico».

Fin qui, una storia comune a molti. Come avviene lo scatto ad autrice da milioni di copie? «A un certo punto mi è venuto in mente il personaggio di Nihal. Non sono stata io a sceglierla, è lei che ha scelto me. E l’ho scritta per me, senza neanche sognare che sarebbe stata pubblicata». Succede poi che la studentessa mandi il manoscritto a un indirizzo trovato su Internet, che la Mondadori, nella persona di Sandrone Dazieri, fiuti il possibile successo e nel giro di qualche mese Nihal diventi l’eroina di migliaia di ragazzini: «Ma a uno dei miei incontri in giro per l’Italia è venuto un signore di 75 anni, che è un mio affezionato lettore, e ne sono stata felice. Solo in Italia il fantasy è considerato un genere esclusivamente per giovani: è che siamo un popolo cinico, quando diventiamo adulti non ci piace più sognare, ci sembra ridicolo pensare ai grandi temi eterni, come la lotta tra il bene e il male o la ricerca dell’Assoluto. Il fantasy alla fine parla sempre della “Quest”, del viaggio iniziatico dei suoi personaggi, ha una tensione mitica e ideale, proprio ciò che oggi viene negato». E poi c’è l’amore... «che nei miei libri è sempre eterno, perché ha a che fare con il destino. D’altronde per me l’amore o è cosi o non è».

Insomma, le eroine di Troisi conducono una loro ribellione tutta personale al mondo adulto e disincantato del consumismo: si vede bene nella storia dell’ultima guerriera, dal nome impegnativo di Pandora, proprio quella che nella mitologia greca apriva un vaso che non avrebbe dovuto, liberando mali sconosciuti. Solo che questa Pandora, detta Pam, vive alla periferia di Roma con la madre, ama i piercing e la musica metal, è emarginata dai compagni di classe fighetti. «Pandora vive nella realtà, ma la guarda attraverso un filtro sovrannaturale».

Anche Troisi ama la musica (band favorita i Muse) e come lettrice è onnivora, non si limita al fantasy: «Adoro Jonathan Stroud, abbiamo anche avuto uno scambio di mail, la trilogia di Bartimeus è eccezionale, ma adesso sto leggendo un libro umoristico e un saggio su Leonardo da Vinci. Lo so, sembrano scelte irrazionali, scollegate, ma io non ho preclusioni, leggo di tutto, ascolto di tutto, a ben guardare un filo conduttore c’è sempre». C’è anche con la scienza, sostiene: «Ora lavoro saltuariamente per l’università, perché la scienza è una cosa seria, ti chiede dedizione assoluta, non si può fare con la mano sinistra. Ma alla mia formazione devo moltissimo: sono un carattere sistematico, preciso, lavoro con una scaletta e una tabella di marcia rigorose. Devo ordinare tutto per ridurre l’ansia». Beh, dopo tre milioni e mezzo di copie l’ansia da performance dovrebbe essersi placata... «Il successo non fa stare tranquilli. Pensi sempre: e se perdo l’ispirazione? E se non potessi più scrivere, che è la cosa che più mi piace fare? Potrei vivere senza successo, ma non senza scrivere: è il mio modo di stare insieme agli altri».

Raffaella Silipo


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