ebook di Fulvio Romano

lunedì 25 agosto 2014

Slitta ancora la chiusura degli OPG, orrore degli orrori...

LA STAMPA

Italia

Ospedali psichiatrici giudiziari

la chiusura che non arriva mai

Dovevano sparire nel 2013, ma l’ennesimo rinvio li tiene aperti fino al 2015

«In Italia non c’è nulla di più duraturo dell’interim», sosteneva il senatore a vita Giulio Andreotti. A dargli tragicamente ragione sulla reiterazione italiana del provvisorio è la proroga continua nella chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg). Dovevano scomparire nel 2013, poi da un rinvio all’altro, il termine è slittato al 2015. E così, malgrado un’inchiesta parlamentare-choc e i fulmini scagliati dal Quirinale sugli ultimi sei manicomi criminali, per gli «ergastolani bianchi» le porte dell’internamento restano sbarrate. Non sono ancora pronte le strutture «sostitutive» per i 1.051 «ospiti». Quand’era al Senato, da presidente della commissione d’inchiesta sul servizio sanitario nazionale, l’attuale sindaco di Roma, Ignazio Marino ha visto l’inferno dietro quelle sbarre.

La mappa dell’orrore include Barcellona Pozzo di Gotto, Reggio Emilia, Castiglione delle Stiviere, Montelupo Fiorentino, Aversa, Secondigliano. Un’inchiesta che prima dell’orrore degli Opg ha portato alla luce anche scandali come quello di alcune cliniche psichiatriche in Abruzzo dove i degenti venivano lasciati a vivere in condizioni disumane: nei giorni scorsi il gip di Chieti, Antonella Redaelli, ne ha rinviato a giudizio i responsabili. Ogni ispezione per Marino è stata una ferita. «Nel caso dell’inchiesta a Chieti, ricordo la prima volta che ho messo piede in una di quelle strutture: le suole delle scarpe si appiccicavano al pavimento coperto di urina- racconta-.Quando si parla di Opg, invece, dobbiamo tener presente che la legge Basaglia ha eliminato i manicomi nel 1978. Ma le regioni non sono ancora in grado di far funzionare delle strutture sanitarie degne di questo nome che sostituiscano i manicomi criminali».

E ciò malgrado le regioni abbiano a disposizione, grazie a una legge approvata nel 2012, un fondo da 180 milioni di euro per le opere strutturali e 55 milioni all’anno per la spesa corrente. Per questo rimangono in funzione strutture fatiscenti che, come Barcellona Pozzo di Gotto, dipendono dal ministero di Giustizia, e nelle quali sono recluse persone incapaci di intendere e di volere che hanno compiuto reati per cui non vengono mandati in carcere, bensì in centri che dovrebbero essere riabilitativi ma in realtà sono veri e propri lager fetidi e degradati. Gli internati non ricevono cure adeguate e non hanno accesso a un ambiente ospedaliero: non guariscono e si trasformano lentamente in prigionieri a vita. «Nel reparto di contenzione a Barcellona Pozzo di Gotto in una stanza angusta c’erano tre letti di contenzione, di cui uno di ferro arrugginito con un buco al centro per il passaggio di feci e urine - spiega Marino -. Lì ho visto un paziente legato mani e piedi con le garze, immobilizzato a letto da cinque giorni».

Ad Aversa «gli internati tenevano dentro i bagni alla turca le bottiglie d’acqua per raffreddarle d’estate non avendo i frigoriferi». Sempre ad Aversa materassi intrisi di feci e ambienti maleodoranti dove un ospite imprigionato in un bugigattolo senza luce domanda a Marino: «Per i cavalli c’è una legge che punisce chi li rinchiude in pochi metri, perché non c’è per gli uomini?». Di proroga in proroga i «dimenticati dal mondo» stanno lì anche 30-35 anni, in ex caserme inaugurate negli anni Trenta dal guardasigillli del regime, Alfredo Rocco. Ogni sei mesi con il «copia e incolla» nei loro documenti vengono confermate le ragioni giuridiche per trattenerli negli ospedali psichiatrici giudiziari. «Ho letto centinaia di motivazioni, sono tutte uguali”, assicura Marino. E così a Barcellona Pozzo di Gotto un incensurato di Catania è recluso dal 1992 per aver rubato 7mila lire in un bar: «Attraverso la giacca ho fatto il gesto della rapina, come se avessi in mano la pistola, i miei amici li hanno lasciati uscire con la condizionale, a me hanno dato l’infermità mentale e sono qui da 22 anni».

Un «autentico orrore indegno di un paese appena civile»: così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, definiva queste strutture nel discorso di fine anno del 2012. Lo scorso aprile, il capo dello Stato ha espresso nuovamente «rammarico» per aver dovuto firmare il decreto che prevede lo slittamento della chiusura dei sei Opg attivi a livello nazionale dal 2014, come previsto dalla legge, al 2015. E anche due sentenze della Consulta hanno stabilito che è «necessario» superare gli Opg. Per sempre.

GIACOMO GALEAZZI


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