Cultura
L’orto è glamour
Siamo tornati agli «orti di guerra»? Nel 1941 ogni aiuola nelle città fu convertita in campo o orto. La penuria di derrate spingeva il governo fascista a questa iniziativa autarchica e propagandistica. E oggi? La crisi economica, ma anche il desiderio di avere prodotti di qualità e genuini, induce molti a coltivare in zone urbane. Italia Nostra ha calcolato un anno fa che sono oltre 500.000 i metri quadrati di orti nelle città, dove si coltivano frutta e verdura, spazi spesso offerti dai Comuni, dati in gestione a persone, gruppi o piccole associazioni. A questi metri quadri vanno aggiunti gli orti intorno alle case, negli spazi vuoti di pertinenza condominiale o privata. Entrando col treno nelle stazioni non è infrequente scorgere sui lati della massicciata, in luoghi interstiziali tra la ferrovia e le case, tra i binari e i cavalcavia, orti coltivati, strisce di terreno oblunghe o rettangolari, in cui sorgono piccoli orti. Sono ritagli di terreno abbandonato, trasformato dal lavoro di pensionati e volontari, che piantano cavoli, patate, pomodori, insalata, bietole e altri prodotti per la tavola. Parecchie municipalità oggi offrono ai privati aree abbandonate, a patto che siano ripulite e coltivate. C’è persino un’associazione nazionale. Raduna i gruppi che coltivano collettivamente questi spazi; ha anche un suo festival: «Festival degli orti» a Monza nella Villa Reale in giugno. Un modo per contrastare il degrado delle aree e dei terreni, ma anche per compensare la crisi che ha toccato molte tasche. Nelle scuole italiane l’orto è entrato, se non proprio come una materia, almeno come un’attività pratica che sensibilizza i bambini su quest’aspetto. C’è naturalmente, come spesso capita, il risvolto glamour di tutto questo: riviste, rubriche sui giornali, piccole mode, fino al cosiddetto «orto verticale», su balconi e terrazze, con rucola, basilico, origano, salvia e rosmarino. In vasi e in cassette ci si crea il proprio giardino degli aromi. Mentre in Austria, Germania e Francia, la pratica dell’erboristeria non è mai venuta a meno nell’ultimo secolo e mezzo, da noi, a causa della tradizione medica positivista, le erbe officinali e curative, o solo benefiche, era declinata nel XX secolo. Nel XXI, grazie alla New Age e alle pratiche salutiste, l’orto si è unito al giardino degli aromi, dando un nuovo impulso al fai-da-te alimentare e curativo. Anche questo è un rimedio, seppur antico, al crollo del welfare state?
Marco Belpoliti