ebook di Fulvio Romano

lunedì 25 agosto 2014

Niente bonus per pensionati e partite Iva

LA STAMPA

Economia

Mancano i fondi

niente bonus Irpef

per i pensionati

Escluso anche l’allargamento degli 80 euro alle partite Iva

La squadra di Palazzo Chigi, quella che nelle intenzioni dello stesso Renzi dovrebbe aiutarlo a mettere a punto la manovra d’autunno, ancora non c’è. Nessuno dei candidati a comporlo è stato ancora contattato dal premier per discutere del da farsi. Eppure il tempo inizia a stringere: il primo ottobre, quando il Tesoro dovrà presentare le stime aggiornate del Documento di economia e finanza, la legge di Stabilità dovrà essere pronta nei suoi grandi numeri. Il governo deve passare attraverso un imbuto stretto: trovare almeno dodici miliardi di nuovi tagli alla spesa, ai quali si aggiungeranno i tre già introdotti con il decreto sugli ottanta euro. Senza di essi per Renzi sarà impossibile garantire la conferma del bonus Irpef e il taglio dell’Irap. Queste due voci valgono da sole più di dieci miliardi, una cifra già di per sé enorme se - come promette il premier - l’unica strada per finanziarla saranno le diminuzioni di spesa. Sperare che nel frattempo l’Europa ci conceda un margine di flessibilità non è contemplato. In ogni caso, con gli attuali numeri, l’Italia è già molto vicina al limite del 3 per cento nel rapporto deficit-Pil. E la manovra, che dovrebbe aggirarsi complessivamente attorno ai 20 miliardi, già prevede di essere finanziata con alcune voci meno certe come ad esempio le maggiori entrate da lotta all’evasione.

Ecco perché - così spiega una fonte governativa - l’unica certezza è che non ci sarà spazio per allargare il bonus a pensionati e lavoratori autonomi come Renzi avrebbe voluto: già il primo agosto il premier aveva chiarito di non «poter garantire» che ce l’avrebbe fatta e che ci stava «lavorando». Su 41 milioni di contribuenti, quasi la metà - 18 milioni - sono pensionati. Stesso discorso vale per la richiesta di parte della maggioranza di allargare la no tax area di chi non lavora da 7.500 euro a 8.000, come è già previsto per i dipendenti. L’impegno - racconta chi sta studiando le carte al Tesoro - «è concentrato sul lavoro dipendente». Oltre che estremamente onerosa, qualunque altra soluzione snaturerebbe l’obiettivo: abbassare la pressione fiscale sul lavoro, troppo alta rispetto alla media europea. L’unico allargamento sarà a favore dei lavoratori dipendenti con più figli, ai quali il bonus potrebbe essere concesso secondo un meccanismo simile a quello del cosiddetto quoziente famiglia.

Ce la farà il governo a trovare le risorse in un mese? I grandi numeri sono quelli che il commissario alla spesa Cottarelli ha portato sul tavolo di Renzi in luglio: nel 2015 almeno 5 miliardi di risparmi con la centralizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione, altri cinque da tagli di varia natura: da un taglio forte delle società partecipate dagli enti locali, dalla razionalizzazione dei costi di funzionamento delle sedi degli enti pubblici, dal taglio degli affitti inutili e dall’introduzione dei costi standard in sanità. Per ora si smentisce l’ipotesi di un contributo di solidarietà sulle pensioni, mentre è sempre più probabile la revisione di alcune detrazioni fiscali che d’ora in poi verrebbero modulate sulla base del reddito. La possibilità di evitare misure che tocchino le tasche dei contribuenti è direttamente proporzionale alla capacità del governo di infilare il bisturi nella carne della spesa, soprattutto quella a favore di interessi consolidati. La missione più difficile sarà disboscare i cosiddetti «incentivi alle imprese», in gran parte contributi concessi a fondo perduto a questa o quella azienda pubblica. Le sole Fs (ed esclusi gli investimenti in rotaie) assorbono cinque miliardi l’anno. Il governo si accontenterebbe di tagliarne due in un mare magnum di trenta miliardi.

ALESSANDRO BARBERA


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