ebook di Fulvio Romano

martedì 26 agosto 2014

Rusconi: mentre la Merkel mostra il fianco, cresce la statura "politica" di Draghi

LA STAMPA

Cultura

I calcoli sbagliati

di Angela Merkel

La caduta di fiducia delle imprese tedesche può diventare peggiore di una recessione, che è misurabile con indicatori materiali più consistenti.

La sfiducia non è un mero indicatore tecnico. Cambia addirittura natura se invece di innescare un processo di autoriflessione, diventa irritazione dei tedeschi verso i partner che timidamente rilevano che le difficoltà della loro economia dipendono anche dalla politica economica generale da essi promossa. La sfiducia diventa paralizzante se si traduce in ostinato mantenimento della linea proposta e imposta ai partner europei, scaricando su fattori «esogeni» la crisi stessa – primo fra tutti il conflitto russo-ucraino e le misure di reciproco boicottaggio da esso causate.

La Germania sta rischiando questa mutazione di natura della fiducia. Coinvolgendo, per la sua stessa posizione egemonica, l’intera Europa. L’erronea valutazione dei segnali del parziale venir meno della fiducia delle imprese di questi giorni, può generare una paralisi di ampie proporzioni che alla fine porterà ad una sfiduci generalizzata dell’Europa in se stessa.

Per la classe politica dirigente tedesca, e segnatamente per la cancelliera Angela Merkel, questa situazione è una inattesa prova di responsabilità di governo. Tedesca e europea. Ma ne sono davvero all’altezza?

E’ sempre più forte il dubbio che i tedeschi siano in grado di condizionare, ma non di guidare i governi europei, che seguono con maggiore o minore convinzione e disciplina le linee dichiarate comuni - per mancanza di alternative. I governi in difficoltà, Francia e Italia, ogni giorno spiegano e denunciano le loro esigenze di «flessibilità dei bilanci» e di rilancio qualificato degli investimenti pubblici. Intanto però non hanno visto ancora (neppure con qualche anticipazione) l’innovativo programma europeo promesso dal nuovo Presidente della Commissione europea Jean–Claude Junker. Qualcuno sospetta che dietro a questa latitanza ci sia Berlino.

In compenso Mario Draghi acquista di giorno in giorno un profilo sempre più autorevole. E, diciamolo pure, oggettivamente politico. E’ un virtuale leader europeo. Nel suo intervento di giorni fa al summit dei banchieri centrali, ha dichiarato con molta franchezza che la politica di austerità degli anni scorsi era necessaria a motivo dei difetti stessi di costruzione dell’euro, ma è stata eccessiva. Senz’altro tale è diventata oggi. Ha parlato quindi di «politiche della domanda» per favorire la ripresa. Le regole del bilancio europeo, elaborate anche per correggere e prevenire le storture e gli abusi da parte di alcuni membri dell’Unione, da sé sole oggi rischiano di portare alla paralisi. Ma la logica del loro superamento deve avere come criterio non già un qualche modello di astratta efficienza economico-finanziaria, ma la buona vita concreta dei cittadini. Matteo Renzi nella sua maniera spiccia si è limitato a dire che anche per Draghi «le riforme dell’Ue non sono solo tagli e vincoli».

Chi non è d’accordo? Non mi meraviglierei che in cuor suo anche la cancelliera Merkel (non certo i fans della Bundesbank) la pensi così. Il punto è tradurre in misure operative le belle idee. Le idee enunciate da Draghi sono davvero impraticabili, come qualcuno pensa a Berlino? Ma a che cosa serve la politica?

Qualcosa di analogo succede quando si scarica la spiegazione delle difficoltà tedesche su cause «esogene», come il conflitto russo-ucraino. Nessuno nega che esso interferisca pesantemente. Ma l’economia non vive in una campana di vetro, senza interferenze con altri fattori. Anzi, spesso vive e approfitta proprio di esse. Del resto la grande ambizione tedesca era di tenersi amiche entrambe le due grandi nazioni della ex Unione sovietica. Un grande nobile ambizioso progetto politico che avrebbe procurato infiniti vantaggi economici alla Germania (prima ancora che all’Europa). Il progetto si è rivelato impraticabile, ma protagonista è sempre il nesso intimo tra politica ed economia. Nelle buona e nella cattiva sorte.

Gian Enrico Rusconi


Level Triple-A conformance icon, W3C-WAI Web Content Accessibility Guidelines 1.0           Copyright 2014 La Stampa           Bobby WorldWide Approved AAA