Padri e figli Ereditareilsapere
Come trasmettiamo il sapere, i ricordi, le cose che abbiamo imparato strada facendo, come passiamo il testimone alle generazioni che verranno dopo di noi e come i giovani si sentono - o non si sentono - collegati ai padri. «Avvertiamo un’interruzione della linea di continuità, quasi una frattura: il passato, in questi tempi, non è più incollato al presente. È in crisi proprio lo snodo fra il nostro ieri, l’oggi e il futuro». Michelina Borsari da quindici anni è il direttore scientifico del Festival della Filosofia, poco meno di duecento fra incontri, concerti, mostre, spettacoli e cene filosofiche concentrati in tre giorni, dal 18 al 20 settembre a Modena, Sassuolo e Carpi. Il filo che tiene tutto insieme in questa edizione 2015 è proprio l’eredità, vista in uno spettro largo, cioè come in questi tempi di evoluzioni tecnologiche e di mercati globali si vive la trasmissione culturale. Scriveva in un articolo del 2011 Massimo Cacciari che “erede potrà essere chi, all’inizio, avverte la propria mancanza, la propria solitudine nei confronti del padre. Si fa erede soltanto colui che si scopre abbandonato. Heres latino ha la stessa radice del greco kheros, che significa deserto, spoglio, mancante. Può ereditare, dunque, solo chi si scopre orbus, orphanos (stessa radice del tedesco Erbe) ». Per essere eredi dunque occorre saper attraversare tutto il lutto per la propria radicale mancanza. Ma questo è soltanto uno degli approcci al tema generale: nelle piazze e nei cortili che ospiteranno una cinquantina di lezioni magistrali - accesso gratis -, saliranno sul palco i maestri contemporanei della filosofia. «Bisogna smontare il paradosso del tempo immaginato come una retta su cui scorre un punto inesteso e senza spessore, a velocità costante e si lascia dietro il passato e rosicchia via via il futuro», spiega Remo Bodei, guida del comitato scientifico del Festival. Parlerà di matematica, di Newton, di Freud, di certe malattie mentali che riescono a cristallizzare le lancette del nostro orologio interiore, parlerà anche della trasformazione delle età della vita: «Oggi la gioventù e la vecchiaia si dilatano mentre la maturità si restringe. I giovani », dice Bodei, «hanno la tendenza a restare più a lungo a casa, i vecchi vanno invece alla ricerca di una seconda giovinezza e restano spesso produttivi anche dopo il pensionamento. Cambiano pure, in relazione alla crisi, i rapporti di solidarietà tra le generazioni e si indeboliscono i legami sociali e la fiducia tra le generazioni ». Ma perché il tempo a volte sembra passare rapidissimo e altre invece più lentamente, quasi immutato? «Esiste un tempo normale e un tempo psichico», risponde il filosofo. «In quest’ultimo i ricordi traumatici, per esempio, restano lì, cristallizzati, e costituiscono un passato che non passa». Nell’epoca del salto tecnologico, della connessione permanente, è vero che viviamo in una specie di primato del presente dove tutto deve essere qui e adesso, senza tempi intermedi, senza soste, tagliando nei fatti i ponti con le radici o almeno facendo sbiadire “il prima”? Su questo argomento si interroga Francois Hartog, mentre due scienziati, Mauro Dorato e Vincenzo Barone dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, lo affronteranno dal punto di vista della meccanica quantistica e della sfasatura fra il tempo della fisica e quello dell’esistenza. Su un piano più politico e antropologico l’assottigliamento del rapporto con il passato è evidente nell’interconnessione istantanea della rete, e al Festival dialogheranno sul tema il direttore di Repubblica Ezio Mauro e il sociologo Zygmunt Bauman. Siamo dentro una piazza affollata o dentro un castello di solitudini quando ci muoviamo nei social network del mondo globale e sempre connesso? Oltre alla lettura del classici che, da Socrate ad Aristotele a Sant’Agostino offriranno pagine di sapere sul tema dell’ereditare, ci saranno incontri sul ruolo del patrimonio storico-artistico nella memoria, su quello della scuola e anche sui maestri che possono insegnare la disobbedienza al potere, sull’eredità nella genetica, nell’economia, sull’eredità che lasciamo al pianeta e, naturalmente, sull’eredità nel passaggio generazionale. Su quest’ultimo argomento è atteso l’intervento della psicologa Silvia Vegetti Finzi, che vede come centrale e rivalutata la figura dei nonni: «Non è soltanto un problema legato alla vita media che si allunga», spiega la studiosa. «Oggi spesso i nonni soccorrono i figli e i nipoti alleviando i disagi economici legati magari ai lavori precari o ad altre incertezze occupazionali, sono di aiuto nell’organizzazione domestica e anche nel collegare la memoria del passato al presente».