Cultura
Chi paga
le scelte
della Fed
Tra oggi e domani, in America e in Europa, verranno prese decisioni cruciali. Le decisioni americane riguarderanno la politica monetaria, la quantità di denaro in circolazione e il suo costo; le decisioni europee riguarderanno la quantità di persone che potranno essere accolte all’interno dell’Unione Europea e i modi, i tempi e i limiti dei loro spostamenti (mentre il costo di queste misure è stato finora disinvoltamente trascurato). Le decisioni saranno prese da due donne: Janet Yellen, figlia di un medico ebreo polacco, ai vertici della Fed, la banca centrale degli Usa da poco più di un anno e mezzo.
E Angela Merkel, figlia di un teologo protestante tedesco, ai vertici del governo tedesco da quasi dieci anni. Entrambe dovranno, di fatto, decidere da sole; le decisioni di entrambe influenzeranno direttamente l’economia – e non solo l’economia - dei Paesi ricchi e, indirettamente, quella di tutto il mondo.
I termini della scelta di Yellen sono apparentemente molto chiari. Deve decidere se cominciare a ridurre l’«ossigeno» che, somministrato in quantità a lungo crescenti, ha tenuto a galla l’economia americana. Quest’ossigeno deriva da un tasso d’interesse molto vicino allo zero, collegato alla creazione di moneta in quantità molto elevata. Gran parte di questa moneta è finita in circuiti prevalentemente finanziari, creando pericolose instabilità; la parte restante ha però permesso alla maggiore economia del pianeta di tornare, anche se barcollando, a camminare.
Nel gergo finanziario americano Yellen è una «colomba»: sostiene che un’espansione monetaria, e quindi la prospettiva di un’inflazione (molto) moderata è accettabile se crea occupazione. Essendo però l’occupazione cresciuta e la disoccupazione ritornata a livelli accettabili (5,1 per cento, un dato che farebbe sognare gli italiani) perché correre altri rischi? Perché non cominciare a stringere leggermente i freni? Il vero problema è che, se si guarda dentro ai dati dell’occupazione americana, ci si trova davanti a una realtà molto più grigia: i nuovi assunti sono più precari e meno pagati di chi ha già un lavoro.
Gli Stati Uniti, però, sono anche il centro dell’economia globale. I troppi dollari in circolazione nel mondo stanno creando una pericolosa instabilità finanziaria che si manifesta anche con il forte nervosismo di Borse instabili. I Paesi emergenti temono che un rialzo dei tassi in America, reso possibile dalla bassa disoccupazione, blocchi la loro crescita e trasferisca la disoccupazione a casa loro. A livello globale c’è il rischio che il costo del denaro più caro spinga il mondo verso una nuova recessione, che si butti via il bambino della crescita globale insieme all’acqua sporca dell’instabilità finanziaria. Considerazioni interne e considerazioni internazionali potrebbero rafforzare le preferenze di Yellen e indurla a non schiacciare il freno.
A favore di Yellen c’è comunque la possibilità di prendere tempo: il comitato della Fed che stabilisce il costo del denaro si riunisce tutti i mesi e ciò che non si fa a settembre si può fare a ottobre o nei mesi successivi. Ed è forse – ma le previsioni sono davvero incerte - quello che la «governatrice» potrebbe decidere di fare: annunciare una data certa, ma non immediata (gennaio?) per il rialzo e l’indicazione che i rialzi continueranno, ma a velocità molto lenta. Un compromesso, certo, ma la politica monetaria, come ogni tipo di politica, si alimenta di compromessi.
Merkel non ha a disposizione nessuna delle flessibilità che possono agevolare il compito di Yellen. Le scadenze dalla cancelliera federale tedesca non sono scandite dalle date delle riunioni di un comitato, ma dalle notizie delle agenzie di stampa che descrivono una situazione fluida, con un numero impressionante di persone che, giorno dopo giorno, attraversano, dirette verso l’interno, le frontiere dell’Unione Europea. Il problema di Yellen è ben noto nella sua essenza, quello di Merkel cambia profilo tutti i giorni. Entrambe partono da principi solidi, ma devono adattarli a una situazione dai contorni imprecisi. Entrambe sono «schiacciate» dall’urgenza, costrette a navigare a vista. Yellen e Merkel potranno tirarci fuori dall’urgenza, non possono certo, da sole, rimediare alla miopia pluridecennale di due continenti.