ebook di Fulvio Romano

venerdì 18 settembre 2015

Il nostro impostore quotidiano

LA STAMPAweb

Cultura


Il nuovo romanzo di Cercas ripropone una figura familiare

in ogni epoca, dalla realtà alla fiction. Non un truffatore, 

ma qualcuno che cerca di dare un senso alla propria vita

La storia, decisamente boccaccesca, è stata raccontata qualche giorno fa sul Daily Telegraph: una donna ha trascinato in tribunale un’amica per una violenza sessuale abbastanza particolare: fingendosi un maschio gravemente ammalato, costei l’avrebbe sedotta su Internet e fatta in qualche modo innamorare, fino a decidere di incontrarsi in un albergo. Unica condizione, un accurato bendaggio. Il presunto giovanotto non voleva mostrare il volto, sfigurato dal cancro. La cosa sarebbe andata avanti per ben due anni (e non solo per nove settimane e mezzo), fino a quando, finalmente insospettita, la vittima dell’inganno si sarebbe finalmente sbarazzata delle bende, scoprendo così che aveva sempre fatto l’amore non con uno sfortunato e amabilissimo giovane, ma con l’amica, dotata ovviamente di apposita protesi.

Zelig e Gurdulù

La faccenda sembra persino troppo scalcinata per essere vera, ma ora un tribunale dovrà decidere (forse di affidare la ricorrente alle cure di uno psichiatra?) e mettere un sigillo legale sull’ennesimo caso di impostura, vera o presunta non fa molta differenza. È inutile aggiungere che le simpatie del pubblico andranno indefettibilmente all’accusata, perché l’impostore, diciamolo, è una figura sì inquietante ma in fondo simpatica: almeno nel mondo dell’informazione di massa dove trionfa, eterno Zelig in cerca di guai.

Woody Allen nel suo film aveva colto il carattere nevrotico del trasformista, un po’ come il Gurdulù di Calvino (nel Cavaliere inesistente) che si identificava nella prima cosa su cui cadesse la sua attenzione, diventava un’anatra, una pietra, una palla. L’impostore il più delle volte non può fare a meno dell’impostura, per lui è una coazione. È la sua caratteristica principale, anche se non la sola, che l’ultimo romanzo di Javier Cercas (L’impostore, appunto, pubblicato da Guanda) costruisce in tutte le sue contraddizioni.

La bambina e i lupi

Quello di Cercas è un personaggio realmente esistito e di straordinario successo, che riesce a convincere il mondo intero d’essere stato un militante antifranchista e di essere poi sopravvissuto ai Lager nazisti; ottiene onori e seguito, è un eroe spagnolo. Ma è un bugiardo patologico. L’impostore è una figura universale, frutto molto spesso di periodi storici travagliati e terribili, ma non solo. Per restare nell’ambito del nazismo, come avviene nel libro dello scrittore spagnolo, i predecessori non sono pochi.

Fu clamoroso il caso, qualche anno fa, di Misha Defonseca, autrice di un bestseller internazionale da cui venne tratto un film di successo, Sopravvivere con i lupi (in Italia pubblicato nel 1998 da Ponte alle Grazie), dove narrava la sua tragedia di bambina ebrea sfuggita alla deportazione che attraversa a piedi la Polonia, aiutata d un branco di lupi. Era tutto falso, l’autrice (all’anagrafe Monica De Wahel) non era ebrea e non aveva mai visto un lupo, anche se la sua cattolicissima famiglia era stata effettivamente vittima dei nazisti (il padre era un partigiano belga). Confessò a 71 anni: «Questa storia è sì la mia, però non la vera realtà ma piuttosto la mia realtà, la mia maniera di sopravvivere». 

Il falso medico

L’impostore non è esattamente un truffatore, agisce per dare un senso - malato - alla propria vita. Poco sappiamo del falso Smerdi, il primo della storia come tramanda Erodoto, ovvero un sacerdote che fece credere di essere un figlio di Ciro II, re di Pesia, e usurpò il trono nel 522 a. C. Molto si è scritto su Kaspar Hauser, il bambino spuntato a Norimberga nell’Ottocento, che affermò di aver vissuto 10 anni in una buia cella. Vittima di un complotto, caso psicologico, impostore? Molto si conosce delle false figlie dello zar, che dopo la Rivoluzione d’ottobre spuntavano come funghi in Europa. L’impostore «storico» è attratto dai troni (anche immaginari. A inizio Ottocento Mary Baker, figlia di un calzolaio, si spacciò con successo per tal principessa Caraboo dall’isola di Javasu, e parlando una lingua sconosciuta scroccò denaro e favori). 

Quello moderno bada più al sodo. Tony Curtis nel Grande impostore (film celeberrimo degli Anni Sessanta), dette un volto molto amato dal pubblico a Ferdinand Waldo Demara, uno che aveva indossato decine di identità: anche quella di un famoso chirurgo, su una nave della Marina canadese, durante la guerra di Corea. Non fu solo un falso medico come ce ne sono stati e ce ne sono a centinaia, con le motivazioni e le giustificazioni più svariate. Toccò l’apoteosi del falso, operando sedici coreani, in un caso persino a cuore aperto, servendosi pare di un manuale di chirurgia generale. Si salvarono tutti. 

Mario Baudino