ebook di Fulvio Romano

lunedì 14 settembre 2015

Un semplice ed economico prato così si eliminano asfalto e cemento

LA STAMPA

Italia


Una soluzione adottata in Belgio, Olanda e Inghilterra

Come un “Club Sandwich” con i vari ingredienti posti l’uno sopra l’altro, analogamente si può realizzare una piazza carrabile anche ampia, con vari strati di materiale inerte posti in modo regolare, partendo da un generoso strato di ghiaione a granulometria grossolana, per passare a quella più fine (una specie di “tout venant”), il tutto ricoperto da un ultimo strato di terriccio seminato a prato. In tal modo si può ottenere il miracolo. Un robusto sottofondo che una volta compattato strato dopo strato potrà dar vita ad un prato-parcheggio capace di sostenere il peso di auto, camion e pullman. Proprio come fanno normalmente in Belgio, in Olanda, in Inghilterra e qualche volta in Francia: paesi notoriamente evoluti e attenti alle ricadute sull’ambiente e sull’ecologia urbana.

Questo metodo, talmente semplice ed empirico da non avere neanche la “chiccheria” di un nome specifico, assolve ai sempre più impellenti doveri della non cementificazione e della non asfaltatura, ma soprattutto ai più semplici dettami del buon senso e del sempre meno usato “buon gusto”. Ed è anche un buon metodo per spendere meno soldi, perché ghiaia, terra e semi sono sufficienti per ottenere il miracolo! E non c’è neppure bisogno di un impianto di irrigazione se non di uno volante per i brevi tempi di formazione (nascita, crescita e i primi sfalci)…

L’impatto nel giardino di Laken, sede “mondana” dei Reali del Belgio, è maestoso: una continuità di prati ariosi fanno da “copertina” a un efficiente posteggio, utile per i saltuari e grandi ricevimenti di Stato.

In Italia, certamente, d’estate il prato si seccherà (di più o di meno secondo le stagioni). Del resto dobbiamo abituarci a non pensare ai giardini come anglocentrici: i pratini tanto belli e tanto elegantoni non sono ormai più sostenibili. Belli per circa 250 giorni all’anno, hanno il diritto e il dovere di diventare elegantemente secchi per gli altri 115 circa...

In altri casi, senza arrivare agli asfalti o ai cementi, ci si può affidare a molto meno impattanti (ma pur sempre un po’ “delicate”) terre compattate, aggregate tramite collanti cementizi additivati.

E poi, in tutti i casi, non bisogna aver paura di attutire tali ampi spazi (minerali o no) con alberi, meglio se adatti ai caldi riverberi e alle afe “luglienghe” e resistenti al passaggio delle ruote sull’apparato radicale. Da qualche anno e con buoni motivi, il Celtis australis, il Bagolaro o Spaccasassi dei nostri nonni, la fa da padrone. Per l’uso cittadino detiene un vero “Guinness” dei primati. Spogliante, robusto, per ora indenne da attacchi di insetti e di funghi, richiede poco o nulla; un buon drenaggio (meglio anche se un po’ esagerato) lo aiuterà a crescere veloce, formando, di anno in anno, una ricca e gradevole ombra…

Nel caso di Pollone, un grande posteggio, come previsto, sarebbe un vero pleonasmo: i rari pullman potrebbero aspettare negli ampi piazzali della Burcina, disegnati e progettati a suo tempo dal famoso Pietro Porcinai, il più importante architetto di giardini dagli anni 50 ai 70... Costruito con lungimiranza mediante l’uso di alveolari di cemento posti su ghiaia e con terra negli interstizi, ha anch’esso il grande vantaggio di rimanere permeabile e di diventare verde per i suddetti 250 giorni circa… 

Quelli sopra sono alcuni esempi, fra i più semplici ed empirici, ma ce ne sono molti altri più o meno simili, liberi dalle “panie” delle scienze esatte, ai quali ci si può avvicinare con proficua approssimazione. Le ricette sono tante, un po’ come quelle dei “Club Sandwich”: ogni massaia americana li compone in modo personale e le variazioni ne costituiscono il loro più palese successo…

Paolo Pejrone