Economia
Oggi e domani la riunione della Banca centrale americana per decidere sul costo del denaro
L’aumento può frenare i Paesi Emergenti. Favorite le obbligazioni e più guadagni per le banche
L’aumento può frenare i Paesi Emergenti. Favorite le obbligazioni e più guadagni per le banche
La Federal Reserve sta ancora agonizzando sulla decisione se alzare o meno i tassi, prevista per domani. Nel frattempo, però, gli analisti hanno già fatto i conti in tasca a chi ci perderebbe, e chi invece potrebbe festeggiare. Resta però da tenere presente che la scelta è incerta, l’eventuale rialzo sarà molto graduale, e i potenziali effetti sono stati già anticipati e scontati almeno in parte dai mercati.
Il primo problema dell’America è che la sua ripresa rimane timida e un aumento nel costo del denaro, rimasto a zero praticamente dalla crisi del 2008, potrebbe frenarla. La disoccupazione è scesa in maniera costante negli ultimi mesi, a livelli che gli economisti considerano ormai strutturali nelle economie di mercato avanzate. Molti però non rientrano nelle statistiche perché non cercano lavoro, e quindi i numeri non sono così buoni come sembrano. Parecchie “aziende zombie”, cioè prosperate solo grazie ai tassi bassi, rischierebbero di fallire. In più c’è da considerare l’impatto politico, visto che l’anno prossimo sono in programma le presidenziali. I democratici vivono con l’incubo dell’effetto Volcker, il capo della Fed che, rialzando i tassi nel 1980 per contrastare l’inflazione, finì per frenare l’economia e favorire la sconfitta di Carter contro Reagan. Se l’intervento della Yellen avesse lo stesso impatto, secondo gli analisti a pagare sarebbe Hillary Clinton, o comunque il candidato democratico, colpevole di rappresentare il partito dell’amministrazione incapace di risolvere davvero la crisi.
Le due colonne del sistema finanziario americano guardano alla mossa della Fed da punti di vista opposti. E’ vero infatti che l’eventuale rialzo sarà moderato e lento, ma la tradizione vuole che quando i tassi salgono, il valore delle azioni scende. Gli investitori di Wall Street, insomma, temono una correzione, dopo anni di vacche piuttosto grasse. Discorso inverso per le banche, che invece vedrebbero aumentare le loro percentuali di guadagni in vari settori. L’oro poi subirebbe un nuovo colpo, perché quando salgono i tassi non attira più tanto come bene rifugio.
I comuni mortali sentiranno l’effetto della decisione della Fed nei loro portafogli. Primo, sui propri investimenti, seguendo la logica della potenziale frenata delle Borse e accelerazione delle obbligazioni; secondo, sui mutui e sul credito in generale, che diventeranno più costosi.
A nazioni tipo Italia, Germania, Francia, Grecia, un rialzo dovrebbe convenire, perché spingerebbe il dollaro. Se invece la Fed non aumenterà il costo del denaro, la moneta verde perderà valore, l’euro si rafforzerà, e le esportazioni europee diventeranno più care, complicando la già flebile ripresa. Secondo gli analisti, però, questo effetto non sarà molto forte perché i mercati lo hanno già scontato.
L’economia del Regno Unito va meglio del resto d’Europa, e Londra probabilmente seguirà Washington. Se la Fed alzerà i tassi lo farà anche la Banca centrale inglese, per evitare il rischio di un surriscaldamento.
A questi Paesi, in testa il Brasile, il rialzo non conviene. Renderebbe il dollaro più attraente e spingerebbe ancora di più verso il basso le loro monete, provocando una possibile fuga ulteriore dei capitali.
Anche a Tokyo torna utile il rialzo, per ragioni simili a quelle europee. Se la Fed rimandasse l’intervento, infatti, potrebbe provocare un aumento del valore dello yen. Questo danneggerebbe le esportazioni e frenerebbe l’incerta ripresa giapponese.
Per Mosca, sempre più isolata a causa delle sanzioni seguite all’invasione dell’Ucraina, il rialzo dei tassi e del dollaro sarebbe uno sviluppo negativo. Le ragioni di questo timore sono simili a quelle dei Paesi emergenti, preoccupati per la fuga dei capitali. Nel caso della Russia, poi, l’aumento del costo del denaro negli Stati Uniti complicherebbe anche gli sforzi in corso per tornare a ricostruire le proprie riserve monetarie, dopo i problemi relativi alle sanzioni e al calo del prezzo del petrolio.