LA STAMPA
Economia
“È l’ansia per il futuro dei figli
a paralizzare il ceto medio”
Passera: “Investire su scuola, famiglie e nel mercato dei mutui”
Che cosa sta portando il ceto medio alla disperazione? La pressione fiscale esagerata, dottor Passera? «Le tasse pesano senza dubbio, ma c’è molto altro purtroppo. Anzitutto, il pessimismo deriva dalla grande preoccupazione per i figli che non riescono a trovare lavoro. Questa recessione infinita ha distrutto la capacità dell’economia di creare occupazione e di dare una prospettiva ai giovani. Sul futuro delle famiglie grava un’ipoteca sempre più pesante. Si aggiungano gli effetti della globalizzazione, la crisi di tante aziende, la tendenza a rimpiazzare la manodopera con le macchine, l’outsourcing che riguarda anche gli adulti... La classe intermedia vive un grande senso di precarietà. Crollano i pilastri su cui aveva costruito il proprio benessere: la garanzia che l’impiego sarà per tutta la vita, che basta impegnarsi con serietà per trovarne uno». Tutto questo può spiegare l’insicurezza collettiva. Ma la rabbia sociale da dove trae origine? «Dal senso di ingiustizia che viene alimentato dai cattivi comportamenti della politica. Chi ce la mette tutta sul lavoro, e nonostante ciò sente il terreno cedergli sotto i piedi, non può non puntare l’indice contro “quelli là” che vivono sulle sue spalle: i corrotti, gli evasori, i profittatori a vario titolo. E poi, se permette, questo continuo infierire sulle poche residue certezze della classe media...». Ha qualche esempio sotto mano? «Considero un errore drammatico l’annuncio governativo (ne ha parlato il ministro Poletti, ma non solo lui): “Probabilmente metteremo mano alle pensioni”. Ma le pensioni sono state già toccate! Il governo Monti fu obbligato due anni fa proprio dagli errori della politica a un intervento severo per mettere in sicurezza il sistema previdenziale. Prospettare adesso nuovi interventi, evocare nuovi sacrifici in fondo sempre sui soliti, che non sono né troppo poveri né troppo ricchi, è a mio avviso sbagliatissimo. Toglie ulteriori punti di riferimento. Fa da volano psicologico all’impoverimento del ceto medio». Per invertire la rotta o, come direbbe il premier, per cambiare verso, lei dottor Passera da dove inizierebbe? «Ricostruirei le condizioni della crescita, senza la quale tutto è velleitario. Bisogna rimettere in moto l’economia, ma non con i pizzicotti: qui servirebbe uno schiaffo fortissimo che dia il senso di una svolta vera sulle tasse, sul debito, sul lavoro. Partirei da misure per la famiglia e per la scuola, perché sono quelle che la classe media più si aspetta. E quando parlo di scuola non mi riferisco soltanto a un’istruzione che prepari al lavoro, che torni a essere ascensore sociale per chi merita come dice la Costituzione. Io penso anche ai nidi, agli asili, alle elementari con possibilità di tempo pieno che consentirebbero a tante mamme di lavorare e contribuire all’economia domestica. Rimetterei in moto il mercato dei mutui, con incentivi per i redditi più deboli, per far rivivere il sogno della casa. Andrei a rivedere il meccanismo dei ticket nella sanità, in quanto chi lavora e ha un reddito paga il conto per tutti. Insomma, applicherei quello che è il programma di Italia Unica». Alle ultime Europee oltre il 40 per cento ha votato Renzi. Vuol dire che il ceto medio si fida di lui?«Precisiamo: l’ha votato il 40 per cento del poco più del 50 che si è recato alle urne. Comunque sia, qualcuno evidentemente ha riposto nel premier la speranza di veder realizzate le famose promesse che Berlusconi ha mancato su tutta la linea: più crescita, più lavoro, meno tasse». Anche Renzi deluderà le attese, come qualche giornale straniero comincia a profetizzare? «La luna di miele col ceto medio italiano non è ancora terminata, però il tempo non gioca a suo favore. Settimana dopo settimana cresce l’impazienza. Nel frattempo il governo ha permesso l’aumento di imposte di ogni tipo. Il Def di Renzi fa una certa impressione, perché la percentuale di fisco rispetto al Pil corrisponde alla stessa curva che fu di Letta e di Tremonti. L’anno prossimo rischiamo di battere nuovi record di tassazione». Che cosa può succedere, nel caso in cui nemmeno Renzi dia le risposte che il ceto medio si attende? «La rabbia della gente può avere due sbocchi. Il primo è la protesta anti-tutto, la reazione cieca e fuori controllo, la vittoria dell’anti-sistema. Ma io personalmente ci credo poco, poiché la classe di mezzo è fatta da gente che di sua natura amerebbe costruire e non distruggere, vorrebbe lavorare “per” e non “contro”». L’altro possibile sbocco, allora? «La depressione senza speranza, il ripiegamento sull’esistente, la rinuncia a credere nel futuro proprio e dei propri figli, la contrazione ulteriore dei consumi, la spirale senza fine della recessione... Vede, il ceto medio è quel pezzo di società che nella crisi più ha tenuto, dove c’è stata la capacità di fare squadra tra le generazioni, dove i bilanci familiari si sono retti anche grazie alla pensione dei nonni. Ma ora la famiglia sta finendo le sue riserve, la spia rossa è accesa da un pezzo». Di questo passo teme per la tenuta del sistema? «Quando la classe media incomincia ad avere paura del domani e la politica si dimostra a sua volta incapace dare una scossa, abbiamo già visto più e più volte nel Novecento come va a finire. Per questo è il momento di ridare un progetto serio al Paese. Come fece De Gasperi, che non va ricordato per i sessant’anni, ma per il suo esempio».
Copyright 2014 La Stampa