Italia
Ma nei collegi
la sconfitta è vicina
A
Renzi che nella direzione Pd di ieri s’è sforzato di avanzare una proposta unitaria, nel tentativo, affidato all’ ultimo segretario del Pds Fassino, di rimettere insieme i cocci della rottura con gli scissionisti confluiti in Mdp, Bersani e i suoi, e dalla sinistra-sinistra Fratoianni, hanno subito risposto di no. Può darsi che si tratti di tattica, nella convinzione che solo un’intesa dell’ultima ora, un momento prima della presentazione delle liste elettorali, possa essere accettata da un elettorato di sinistra che i fuorusciti dal partito continuano a descrivere antirenziano e deciso a imporre una revisione delle riforme del “governo dei mille giorni”, dal Jobs Act alla “buona scuola”, che Renzi invece dalla tribuna del Nazareno ha difeso. Ma al momento, anche dopo che la minoranza interna ha in parte riconosciuto - con l’approvazione di Emiliano e l’astensione di Orlando che s’è astenuto - che il segretario ha fatto uno sforzo per tornare sui propri passi, le posizioni restano lontane. E se non si troverà il modo di riavvicinarle, la sconfitta del centrosinistra, nei collegi uninominali, ma non solo, è sicura.
All’interno del Pd e soprattutto tra i renziani, sottovoce, c’è chi si chiede se in conclusione non sia questo il vero obiettivo degli scissionisti e dei vari spezzoni della sinistra radicale in via di ricomposizione. La scelta di due leader come personaggi-immagine della campagna elettorale - il presidente del Senato Grasso per Mdp e quella della Camera Boldrini per Pisapia e Campo progressista - ha rigalvanizzato le truppe che si avviano a una campagna elettorale da giocare tutta in chiave antirenziana, con l’obiettivo di recuperare quella parte di elettorato deluso finito nell’astensione. Ma alla base di questa scelta c’è la convinzione che una trattativa sulle liste con il leader Pd non porterebbe a un risultato molto diverso da quello che la sinistra può cercare di guadagnarsi da sola nelle urne.
L’argomento della sconfitta a cui di sicuro andrebbero incontro i due tronconi separati della ex-coalizione, e dell’aiuto che le divisioni darebbero al centrodestra, inaspettatamente candidato alla vittoria, non fanno presa tra i bersanian-dalemiani. Al dunque, ragionano, non è detto che se vince la destra con questa legge avrà la maggioranza in Parlamento. Se così sarà, nascerà un governicchio destinato a reggere una legislatura breve, che magari si concluderà dopo un anno e mezzo con l’avvento di un governo tecnico, guidato da Draghi e incaricato di metter a posto i conti prima di riportare il Paese al voto.
Marcello
Sorgi