ebook di Fulvio Romano

domenica 26 novembre 2017

La trasparenza dimenticata dai suoi cantori (il fascismo digitale)

LA STAMPA

Italia

La trasparenza

dimenticata

dai suoi cantori

Mariya Gabriel, Commissaria europea all’Economia digitale, ha raccolto a Bruxelles i protagonisti del dibattito sull’epidemia di false notizie online. 

E ha ammonito: «Mi sta a cuore la difesa del diritto dei cittadini a un’informazione di qualità, pietra miliare delle nostre democrazie». 

La Commissaria Gabriel resiste alle sirene di chi si illude che un pugno di regole, qualche multa come i tedeschi, o magari un Libro Bianco di buone intenzioni, bastino a contrastare il cambio del clima social scatenato da grandi potenze e lobby oscure, i contrabbandieri di menzogne sulla prateria delle piattaforme online.

La Stampa è stata tra i primi giornali al mondo a porre il tema, già con un editoriale firmato dal professor Walter Quattrociocchi, pioniere della disciplina, e me nel 2014. Allora sostenere che la crisi del principio di autorità, parallela al dividersi in tribù del nostro tempo, lasci milioni di cittadini in balia di false informazioni costruite in laboratori specializzati, non andava di moda. Pian piano, la verità su centri come l’Agenzia Ricerca Internet, catena di montaggio per false notizie allestita da Putin, o la rete di disinformazione dei troll di Veles, Macedonia, che tanti danni ha fatto in campagna elettorale Usa, s’è diffusa e Google, Facebook, Twitter, son state chiamate a maggiori controlli. Il World Economic Forum porrà il tema al prossimo vertice di Davos. Quattrociocchi, a Bruxelles, ricordava come polarizzazione politica e culturale e crisi economica fomentino le fake news. In società aperte come le nostre, ecco il problema, ogni Cartello Indicatore nel Labirinto Del Falso può essere accusato di nascondere un Posto di Blocco contro la Libera Espressione. Il team che accompagna la Gabriel nella campagna anti fake news, Giuseppe Abbamonte, direttore Media, Data e Networks, Paolo Cesarini e Alberto Rabbachin del Direttorato Social Media, deve dunque dosare con grande cura il rispetto della verità e la libertà di parola.

Strada maestra è la trasparenza. La legge di riforma dell’editoria obbligò i giornali a render pubblici proprietà e bilanci, ma di troppi siti, a cominciare dal network Casaleggio-Grillo-5Stelle, non conosciamo proprietà, bilanci, introiti pubblicitari, uso dei dati degli utenti. Il parlamento prossimo dovrà fare chiarezza.

Le regole non bastano però senza una coraggiosa campagna di verità. Come ammette - credo con una punta di autocritica da filosofo postmoderno - Maurizio Ferraris nel pamphlet «Post verità ed altri enigmi» (Mulino), le bugie online divampano anche per il nichilismo diffuso, dalle università ai media, dall’idea farlocca dei tardi nipotini di Derrida che Bene e Male, Vero e Falso, siano, sotto sotto, la stessa cosa. La migliore medicina contro le false notizie online ci viene ancora dalla Metafisica di Aristotele (IV, 7, 1011 b): «Dire di ciò che è che non è, o di ciò che non è che è, è Falso. Dire di ciò che è che è, o di ciò che non è che non è, è Vero». Sembra uno scioglilingua, è la croce formidabile capace di mettere in fuga i Vampiri della disinformazione.

BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

Gianni Riotta


Level Triple-A conformance icon, W3C-WAI Web Content Accessibility Guidelines 1.0           Copyright 2017 La Stampa           Bobby WorldWide Approved AAA