Italia
Per quanto limitato a incontri non di primissimo piano - segno di curiosità, ma anche di cautela rispetto a qualsiasi tentativo di accreditamento - il viaggio in Usa di Luigi Di Maio e i contatti, di cui s’è avuta conferma, con il Vaticano, dopo le polemiche sugli immigrati, rivelano che la sconfitta nelle elezioni regionali siciliane non ha affatto frenato le ambizioni dei 5 stelle per le prossime elezioni politiche. Anche perché, se è vero che in Sicilia il Movimento ha mancato l’obiettivo della guida della Regione, lo è altrettanto che, almeno per ciò che riguarda il voto sul presidente, quel 35 per cento raccolto dal candidato Cancelleri è l’indicatore del vero potenziale politico pentastellato, la soglia che potrebbe raggiungere e superare nel voto di primavera.
Una percentuale così elevata, specie di fronte al default quasi scontato del centrosinistra (il tentativo di Fassino di riannodare Pd e sinistra non sembra sortire grandi risultati), rende inaspettatamente competitivo M5s anche nei collegi uninominali in cui saranno eletti un terzo dei parlamentari, e dove la competizione, nelle intenzioni dei partiti che avevano fatto approvare il Rosatellum in funzione anti-5 stelle, doveva essere riservata a centrosinistra e centrodestra. Invece, se la tendenza del centrosinistra a presentarsi diviso sarà confermata, si avrà una riedizione in chiave nazionale della partita siciliana tra centrodestra e 5 stelle, una sorta di rivincita.
Inoltre la sera del voto, oltre a non sapere, per la prima volta dopo venticinque anni, chi sarà il vincitore chiamato a formare il governo, occorrerà cominciare a fare i conti con il ritorno del proporzionale, che prevede che l’incarico sia assegnato al partito che, avendo più voti, dovrebbe avere più possibilità di mettere insieme una maggioranza. In altre parole, gli occhi di tutti gli osservatori non dovranno più guardare, com’è avvenuto fino al 2013, la tabella delle coalizioni, per capire se è meglio piazzato il centrosinistra o il centrodestra. Ma quella dei partiti: nella quale, a meno di sorprese inimmaginabili, i 5 stelle dovrebbero essere largamente primi, con un vantaggio da cinque a dieci punti sul Pd, che arriverebbe secondo, e con un terzo e un quarto classificato - si vedrà se Forza Italia e Lega o viceversa - che avranno percentuali pari più o meno alla metà dei voti M5s. Se nessuno degli aspiranti sarà in grado di dimostrare di aver costruito alleanze e accordi politici solidi per formare il governo, sarà difficile per Mattarella evitare di consentire a Di Maio di fare il primo tentativo.
Marcello
Sorgi