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mercoledì 29 novembre 2017

l’Italia della scienza riparte dalle profondità degli abissi marini

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Cultura

l’Italia della scienza

riparte dalle profondità

degli abissi marini

L’Italia della scienza riparte dal mare e dalle «blue biotech», con la creazione del primo dipartimento di biotecnologia marina d’Europa che sorgerà a Napoli sotto la guida della Stazione Zoologica Anton Dohrn. Sarà un laboratorio tra i più avanzati al mondo, in cui si studieranno i segreti degli organismi marini per ricavare farmaci innovativi e materiali ultra-resistenti, allevando le specie di maggior interesse naturalistico e industriale nella Marine Farm & Factory di Bagnoli: la fattoria del mare che nascerà su finanziamento del ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca sui resti di quello che doveva essere un centro dedicato alle tartarughe marine e finito distrutto dai vandali.

Un luogo simbolo di una ripartenza verso un futuro più che mai sostenibile, in cui il mare sarà motore di crescita e sviluppo. «Il Mediterraneo costituisce meno dell’1% dei mari globali e contiene al suo interno quasi il 10% dell’intera biodiversità marina, con un’alta percentuale di specie endemiche» spiega Roberto Danovaro, presidente della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli. «Partendo da questa ricchezza e unicità abbiamo deciso di investire sulle biotecnologie marine, attraverso le quali si “rubano” i segreti al mare per fare innovazione in modo ecocompatibile ed ecosostenibile». Nel nuovo dipartimento lavoreranno a stretto contatto biologici marini, chimici e ingegneri (è stata appena avviata una selezione di 50 ricercatori su base internazionale) e le ricerche prodotte saranno costantemente sottoposte all’attenzione delle imprese, con l’intento di trasferire le conoscenze al mercato e favorire la nascita di nuovi brevetti, che attualmente vedono l’Italia alle spalle di Paesi come Irlanda e Olanda nel ranking internazionale, malgrado i nostri oltre 8 mila chilometri di coste. 

Le prospettive di sviluppo sono infinite: mari e oceani sono infatti custodi di una conoscenza utile a creare ricette innovative per salute, ambiente e industria. Sotto la loro superficie si celano forme di vita che sopravvivono a condizioni estreme, che secernono sostanze tra le più velenose del pianeta, che si nutrono di petrolio o presentano gusci dotati di un rapporto tra leggerezza e resistenza mai osservato sulla Terra. Questi sistemi sono il frutto di un’evoluzione che negli oceani è iniziata circa un miliardo e mezzo di anni prima della comparsa del primo uomo sulla Terra. Ne è un esempio il verme marino Alvinella pompejana che vive in prossimità delle eruzioni vulcaniche, dotato di sistemi biologici di resistenza e raffreddamento che lasciano esterrefatti biologi e ingegneri, oppure la seta prodotta dalla cozza del Mediterraneo Pinna nobilis - il bisso - che già gli antichi utilizzavano per creare tessuti e capace di fornire spunti per creare materiali innovativi super-resistenti, fino ad arrivare al secreto di alcuni tunicati che vivono nelle mangrovie - gli Ecteinascidia turbinata - che possiede spiccate proprietà antitumorali ed è utilizzato per sintetizzare la trabectedina, un chemioterapico largamente usato in oncologia. Ma il mare è una risorsa preziosa anche per l’alimentazione, capace di provvedere al sostentamento di una popolazione umana in costante crescita attraverso le sue riserve infinite di componenti proteiche non obbligatoriamente di origine animale, come ad esempio le alghe, che sono composte per il 50% di proteine. Se il futuro riparte dalle profondità marine, l’Italia ha deciso di prender parte a questo percorso di sviluppo assumendo un ruolo da protagonista, creando una sorgente di crescita e innovazione a partire da una delle bellezze naturalistiche che tutto il mondo ci invidia.

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Stefano Massarelli