Italia
L’analisi
Un passo decisivo verso il sogno
di sconfiggere le malattie incurabili
L’uso delle “forbici genetiche” come la scoperta della penicillina
L’uso delle “forbici genetiche” come la scoperta della penicillina
La notizia che, negli Usa, un gene è stato modificato nel corpo di un uomo affetto da una rara malattia metabolica «giustifica» - e non avviene spesso - il clamore mediatico che ha suscitato intorno al mondo.
La sperimentazione si è imposta tra le scoperte destinate a segnare una svolta nella storia della medicina, come, tanto per stabilire un paragone, la scoperta della penicillina nel XX secolo.
Per determinare, con precisione, la portata di questa tappa – cioè la modifica del Dna in una persona vivente, al fine di curare alcune gravi malattie genetiche – sarà necessario attendere qualche settimana e i risultati del trattamento sul paziente, condannato – a 44 anni – ad un vero e proprio calvario tra medici e ospedali, a causa della mancanza di un enzima che metabolizza alcuni carboidrati. Accumulandosi, col tempo, nelle cellule gli causavano una sequela di mali, da difficoltà respiratorie a problemi cardiaci, a patologie alla pelle e agli occhi, a problemi alle ossa e alle articolazioni, all’intestino e al cervello, alla perdita dell’udito e a raffreddori e otiti ricorrenti.
Se dovesse essere coronata dal successo, l’ardimentosa, rivoluzionaria tecnica sperimentale applicata dall’équipe californiana per “riparare” il gene, saremmo di fronte ad un decisivo balzo avanti nella prospettiva di applicare il metodo, una volta perfezionato, al fine di correggere i difetti responsabili di varie malattie genetiche, ampliando, così, la gamma delle soluzioni terapeutiche per malattie incurabili.
Finora i biologi molecolari avevano eseguito l’editing genetico su geni umani, alterando le cellule in laboratorio e poi reimmettendole nei pazienti. In questo caso, invece, la tecnica usata dagli scienziati è differente dalla Crispr, le “forbici genetiche” usate per il “taglia e incolla” del Dna. Il paziente affetto dalla sindrome di Hunter ha infatti ricevuto miliardi di copie di un gene correttivo e un “bisturi genetico” per tagliare il suo Dna in un punto ben preciso. La sofisticata tecnica dell’editing del genoma con le cosiddette “zinc-finger nucleasi”, – premiata dalla rivista Nature come metodo dell’anno – è composta da due unità, una capace di legare il Dna, in un punto preciso, e la seconda di modificarlo .
Si tratta, in altre parole, di veri e propri bisturi molecolari artificiali che possono introdurre alterazioni specifiche della sequenza del Dna di una cellula. Per rappresentarlo con un’immagine, si può evocare un minuscolo chirurgo inviato nell’organismo per effettuare una modifica mirata nel genoma. La tecnica – è stato annunciato – verrà testata per altre malattie metaboliche, tra cui l’emofilia. Siamo di fronte all’arma vincente per riportare una vittoria su alcune malattie genetiche?
Per rispondere a questa domanda si dovrà aspettare. Per il momento siamo di fronte ad una promessa, forte e scientificamente fondata. La medaglia dell’editing del genoma ha, di fatto, un suo rovescio: eventuali «errori» non si possono cancellare, restano per la vita. Un dato su cui hanno invitato a riflettere questi giorni non pochi eticisti e bioeticisti che hanno fatto sentire la loro voce critica, denunciando una sorta di hybris della scienza, una «presunzione di potenza», un arrogante tentativo di porre «la tecnica» al di sopra della «natura», denunciando anche le scarse conoscenze dei rischi, ancora da approfondire.
Siamo nell’ambito del dibattito – attualissimo – sulle implicazioni sociali, etiche e legali dell’uso di Crispr / cas9, relativamente semplice e a basso costo, scelto come metodo preferenziale per la modifica del genoma. Sul tappeto temi cruciali come il principio della non maleficenza nella valutazione dei rischi non solo per gli esseri umani, ma anche per gli altri organismi e per l’ambiente. E le questioni di sicurezza per evitare danni ecologici. Senza parlare degli aspetti etici legati alla possibilità di interventi che utilizzino l’editing genetico e dell’uso improprio e minaccioso della tecnica per il miglioramento genetico.
Eugenia Tognotti