ebook di Fulvio Romano

mercoledì 22 novembre 2017

così la tecnologia porta nelle nostre vite l’eternità digitale

LA STAMPA

Cultura

così la tecnologia
porta nelle nostre vite
l’eternità digitale


Se la vita è intrisa di virtuale, perché non dovrebbe esserlo anche il post-mortem? A occhio, parte da qui l’idea commerciale di una ditta di edilizia funeraria di Cinisello Balsamo, che sta per inserire un Qr-code (il codice a barre bidimensionale) nelle lapidi. In buona sostanza, un’alleanza tra pietra e Ict per raccontare la biografia e l’esistenza dello scomparso. La totalità delle informazioni archiviate su colui o colei che diviene così un caro estinto (anche) digitale risulteranno leggibili mediante uno smartphone accostabile alla lastra sepolcrale, la quale dispenserà notizie che vanno oltre le consuete date di nascita e di morte e la fotografia. Come se le polveri del defunto si convertissero in una sorta di sciame digitale o di archivio telematico di (proustiane) madeleines elettroniche, composti di unità di informazioni sulla sua vita, che si ricompongono davanti agli occhi di chi decodifica il Qr-code. Post-umano a tutto tondo, in virtù di un’estensione della tecnologia che si configura come una formula di onoranze funebri autenticamente postmoderna, riconfermando una volta di più (e in maniera più «marmorea» che plastica) quanto reale e virtuale si rivelino oggi indissolubilmente compenetrati.
La società moderna, annotava il filosofo Martin Heidegger, tende incessantemente a rimuovere la dimensione della finitezza umana, ciò che aveva etichettato come il «vivere-per-la-morte». E da (quasi) sempre il desiderio del genere umano risulta quello di fermare il tempo, o di sfidarlo conservando il ricordo di sé e del proprio passaggio sulla terra. Che è esattamente quanto viene reso possibile da ciò che potremmo chiamare, in un’accezione diversa da quella corrente, l’«impronta digitale» lasciata sulla rete. Quanto scriviamo, postiamo e consegniamo ai flutti (e ai flussi) del mare magnum del Web è sostanzialmente «per sempre», come ribadito di nuovo da una recentissima scoperta del sito AndroidJefe, il quale ha verificato che sul popolarissimo social network WhatsApp i messaggi di fatto rimangono. E cioè che, anche se eliminati, sui telefonini che funzionano con Android i vari messaggi si possono continuare a vedere e leggere almeno parzialmente.
L’eternità internettiana è un elemento di fatto, che evoca anche la difficoltà a ottenere la rimozione o la non diffusione di certi dati sensibili delle persone su Internet - determinata in primo luogo dalle resistenze e dalla renitenza in materia dei colossi high tech che presidiano e governano la nostra «second life». La privacy, nella vetrina per antonomasia del mondo postmoderno (e nella Californian Ideology di cui essa è intrisa), non solo è concretamente bandita, ma anche vietata in termini concettuali e programmatici. E, difatti, si tratta una volta di più di un ambito che rimanda alla questione centrale dei nostri tempi in Occidente (e non solo): il tema dei diritti. Il punto è pertanto quello di garantire la possibilità di scelta individuale. Tanto per chi, per una qualsivoglia ragione, vuole essere tutelato da una rete che può trasformarsi in un intollerabile Panopticon, quanto per chi ritiene al contrario di trovare nella tecnologia l’occasione irripetibile per «restare per sempre» costruendo una narrazione di sé da tramandare anche ai posteri o, quanto meno, ai propri affetti a colpi di codice a barre bidimensionale
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Massimiliano Panarari


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