Italia
Ora Renzi ci crede: con l’aiuto di Prodi
la sfida nei collegi è tra noi e la destra
Il segretario convinto che la coalizione possa superare il 30%
Dietro l’intervento del Professore la diplomazia di Arturo Parisi
Il segretario convinto che la coalizione possa superare il 30%
Dietro l’intervento del Professore la diplomazia di Arturo Parisi
«L’alleanza larga prende sempre più corpo, si va da Lorenzin a Pisapia e questo vuol dire che nei collegi te la giochi ovunque». Non c’è da stupirsi che Matteo Renzi nei conversari con i suoi si mostri soddisfatto del carniere che gli sta portando in dote Fassino. La “mission impossible” si sta rivelando fruttuosa, vista dall’angolazione del segretario Dem: che riponeva una sola reale speranza al compito affidato al suo mediatore, quella di portare dalla sua parte Giuliano Pisapia con tutto il valore simbolico di questo arruolamento: circostanza che si sta concretizzando. «Con questa alleanza siamo tranquillamente al 30 per cento, i grillini nei collegi non andranno sopra il 25 e quindi si riapre la partita tra noi e il centrodestra», è il ragionamento che fa Renzi. Per il leader Pd dunque va persino meglio del previsto e il tentativo generoso di Fassino di continuare a bussare alla porta di Speranza porta acqua al mulino della narrazione.
Se poi a questo patto con Pisapia farà da Garante un personaggio come Romano Prodi ben venga: la sua presenza come nume tutelare della coalizione è solo una sicurezza in più per cementare una lista ulivista, che può accrescere i consensi al centrosinistra. Quindi il segretario Pd è tutto proiettato verso questa nuova fase, mettendo in conto i niet di Bersani e D’Alema, ma contando di poterli lasciare «col cerino in mano», come si usa dire.
Mdp e la sinistra radicale ieri si son trovati a dire no a Pisapia che ha risposto accusandoli di voler fare una «cosa rossa». Ha buon gioco Fassino a schiacciare Bersani in una ridotta, «va perseguita la strada dell’unità e non credo sia una risposta quella di dire ci vediamo dopo il voto: dobbiamo presentarci per conquistare consenso, vincere e governare questo paese», dice al Tg3. Quindi la rottura con Mdp è consumata e per Renzi non è un fatto negativo poter schiacciare Bersani e D’Alema nel ruolo che fu di Bertinotti.
Così come non lo è il ritorno in scena di Prodi. «È sempre stato Matteo che l’ha cercato in questi mesi, anche quando lo invitò al decennale del Pd», mettono in chiaro gli uomini del segretario, senza nascondere le divergenze che certo ci sono state e anche forti, come quella sulla legge elettorale. Ma rimarcando lo sforzo costante di Renzi di non perdere i contatti con Prodi. Il suo coinvolgimento alla causa non è improvvisato: è stato preparato da un’azione certosina messa in campo da colui che è sempre stato il deus ex machina delle operazioni politiche prodiane, Arturo Parisi. A lui si deve la discesa in campo del Professore. «Prodi che accompagna la costruzione di un’alleanza di centrosinistra costituisce per tanta gente un punto di riferimento e di garanzia non da oggi», osserva uno dei big renziani. Per ottenere il suo impegno diretto, Parisi ha fatto opera di moral suasion dopo averne parlato con Renzi.
È stata dunque un’ operazione preparata con l’obiettivo di costruire un lista ulivista, aprendo a Mdp ben sapendo che sarebbe stato molto complicato, portando in dote al centrosinistra l’appoggio di Prodi. Il quale venerdì al telefono ha voluto tranquillizzare Renzi che non si stava dando vita ad una sorta di «Asinello bis», ovvero la lista ulivista con cui il Prof. e Parisi insidiarono i Ds e il Ppi all’insegna del guanto di sfida «competition is competition». Ma che il suo impegno sarebbe stato indirizzato solo a favorire la costruzione del centrosinistra.
E nel giglio magico i generali renziani gongolano nel vedere quanto Bersani e compagni soffrano questo posizionamento di Prodi. «Cercano di ridicolizzare Pisapia, minimizzano, tengono a bagnomaria Fassino, insomma sono in difficoltà».
carlo bertini