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mercoledì 20 agosto 2014

Tozzi: già esaurito il "tesoretto ambientale"

LA STAMPA

Cultura

Già esaurito

il “tesoretto”

ambientale

Ci abbiamo messo meno di 8 mesi per esaurire il budget ecologico del 2014, cioè di quanto 7 miliardi di umani possono consumare e buttare in modo sostenibile. Il Global Footprint Network calcola l’impronta ecologica dell’umanità rispetto alla biocapacità di ricostituire risorse e assorbire rifiuti (gas clima-alteranti inclusi).

Solo nel 2000 l’overshoot day cadeva in ottobre e il deficit ecologico del’umanità durava due mesi di meno.

Negli Anni 60 l’umanità usava solo i tre quarti della capacità del pianeta di generare cibo, legname, fibre, risorse ittiche e assorbire anidride carbonica. Oggi quasi il 90% della popolazione mondiale vive in territori nazionali che consumano più di quanto riescano a rigenerare. Di questo passo, entro il 2050, ci vorrebbero tre pianeti come la Terra per mantenere sostenibilmente i suoi abitanti umani, ammesso che non incrementino di numero. Fra i paesi debitori ecologici, gli Emirati Arabi Uniti consumano l’equivalente di dodici nazioni con la stessa superficie, il Giappone come sette e l’Italia come quattro. Una crisi ecologica che è anche crisi economica, perché nasce dalle condizioni fisiche del pianeta Terra in presenza di una moltitudine di umani come mai si era vista prima.

Ma se dovessimo riassumere in un solo comportamento o azione le cause di questo sovrasfruttamento ecologico del pianeta ci sarebbero pochi dubbi: un mondo usa e getta non ha alcuna possibilità di essere sostenibile. Quando la rivista «Life» titolava «Vita usa e getta» constatando come un successo il fatto che, per la prima volta, costava meno sostituire un oggetto invece di ripararlo, non poteva certo immaginare le conseguenze devastanti globali di quella scelta. Eravamo nel 1955 e da poco era entrato in vendita il primo deodorante in un flacone usa e getta. Quel flacone era di plastica, l’unico materiale che la Terra non riesce a coinvolgere nei suoi riciclaggi colossali di materia e energia. Ma la colpa non è della plastica, sostengono le grandi multinazionali che la producono e la utilizzano invece delle alternative pure possibili. La colpa è degli utilizzatori finali (cioè i consumatori) che non riciclano completamente e in modo corretto. E quasi gli si potrebbe dare retta se non ci venisse un dubbio: ma come facevamo a campare prima della plastica? Si era ragionevolmente felici e non eravamo certo nel medioevo, visto che le plastiche moderne vengono sintetizzate da poco più di mezzo secolo.

Il problema è che la plastica sarebbe fatta per durare per sempre, però vengono impiegate per fabbricare oggetti che, invece, vengono utilizzati solo una volta. Ecco che il dubbio diventa certezza: no, non è (solo) colpa nostra, della nostra incapacità di comportarci in maniera sostenibile (che pure è grave). Cinque vortici oceanici di pattume vasti come nazioni intere, per circa sette miliardi di tonnellate di plastiche di vario tipo e natura stanno lì a dimostrarlo. Del resto quando si producono 14 milioni di penne a sfera al giorno e un trilione di tappi di bottiglia all’anno, arrivando alla fantasmagorica cifra di 300 milioni di tonnellate all’anno di plastica, come fa a essere colpa di qualche comportamento individuale, seppure generalizzato? Se vogliamo fare qualcosa davvero per invertire questa rotta si deve cominciare dai prodotti che consentono l’usa e getta: o li si riutilizzano, come un tempo il vetro, o si dovrebbero abbandonare. Del resto se continui a fabbricare armi, non puoi prendertela solo con le persone che le usano se la gente muore.

Mario Tozzi


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