ebook di Fulvio Romano

venerdì 8 agosto 2014

Ma quant'è credibile un Paese che fa parlare Schettino all'Università? ( e lo lascia libero e tranquillo)...

LA STAMPA

Cultura

Schettino affonda

anche all’Università

Ci mancava solo il «prof.» Schettino. O, più precisamente, il «testimone»: non in un’aula di tribunale, ma chiamato, in quanto «esperto», a parlare all’interno di un master di Scienze criminologiche dell’Università La Sapienza diretto da Vincenzo Mastronardi. Che si è giustificato mediante delle «scuse patetiche», afferma l’infuriata nota ufficiale del rettore dell’ateneo romano, e ha innescato col suo invito una querelle esplosiva.

È l’ultima puntata di una «saga» avvilente e desolante.

Dunque, pur con tutti i distinguo del caso – il «comandante» non è stato ancora condannato in via definitiva; non si è trattato di una lectio magistralis (e, per l’appunto, maestro «de che»?, verrebbe, tristemente, da commentare); inoltre l’incontro seminariale si è svolto in una sede non appartenente all’università (bensì, ma qui si apre un altro fronte, e un ulteriore problema, all’Aeronautica militare) – la vicenda resta estremamente discutibile. Anzi, assai grave. Per giunta, come se il tutto non fosse già abbastanza surreale (ma la realtà di questo nostro Paese ci ha ormai abituati al superamento di ogni più sfrenata fantasia), come da programma del seminario (aperto non a caso a tutti), l’intervento di Francesco Schettino verteva sulla «gestione del controllo del panico» (sic!); già, proprio lui, quello a cui rimarranno verosimilmente sempre appiccicate, come una vile etichetta grottesca, le urla (sue) «Madonna ch’aggio combinate» e quelle, di rimando, dell’ufficiale Gregorio De Falco «Torni subito a bordo, c…!».

Naturalmente ci sarà qualche «cattivista» pronto a sostenere che il «povero» capitano Schettino rappresenta ormai un capro espiatorio, se non il bersaglio di qualche malintesa forma di cattiva coscienza nazionale. E che anche questo episodio della sua partecipazione al master organizzato dallo psichiatra Mastronardi (che ha fatto insorgere anche il ministro dell’Istruzione e il procuratore capo di Grosseto) sia stato «ingigantito» e artefatto da quell’universo dei social network – motori della campagna di (sacrosanta) indignazione – nel quale, a volte, si rischia di perdere un po’ il contorno e la consapevolezza dell’esattezza dei fatti. Ma il punto è che stiamo discutendo – oltre che del dolore dei familiari delle vittime del naufragio della Concordia – proprio del piano dell’immaginario e della dimensione simbolica. A cui peraltro, giustappunto, data la sua marcata propensione social – tra recentissime feste biancovestito a Ischia in qualità di «ospite d’onore» e voci (poi smentite) su una candidatura (o auto-candidatura) al reality show l’Isola dei famosi – il sig. Schettino risulta alquanto sensibile. Ecco perché non si vede alcuna ragione per la quale questa sua inclinazione presenzialista debba venire assecondata, quando invece – e in attesa che la giustizia completi il suo iter – farebbe decisamente meglio a starsene in silenzio e a meditare sulle proprie responsabilità in una vicenda che ha fatto scatenare i detrattori del nostro Paese all’estero (e tutti sappiamo quanto delicata sia, per mille ragioni, la questione della nostra credibilità internazionale).

Sempre che qualcuno non confonda la libertà accademica con la rivendicazione spasmodica del warholiano quarto d’ora di celebrità. Di cui, in negativo (di più, in maniera tragica), si rivela manifestazione proprio questa famelica e instancabile famosità del «comandante» (a proposito, il grado è destinato a rimanere per la vita, oppure non meriterebbe anch’esso un’approfondita riflessione?). Capitano, sì, ma di quella egemonia sottoculturale che, malauguratamente, non conosce mai ritirate, né vacanze…

Massimiliano Panarari


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