ebook di Fulvio Romano

domenica 10 agosto 2014

Confartigianato. Pochi prestiti e a costi alti: come le banche strozzano le imprese...

LA STAMPA

Economia

Il Rapporto

“Pochi prestiti e cari

così le banche

strozzano le imprese”

Confartigianato: il mondo del credito preferisce comprare i Bot

Perché le imprese italiane non tornano a investire? Perché la situazione economica resta troppo incerta, è la risposta più frequente. Peccato che gli indici di fiducia anche a luglio siano aumentati, così come è aumentato nel primo trimestre il saldo tra aperture e chiusure (+37% sul 2013), e a giugno siano aumentati (50 mila unità) pure gli occupati. Il problema, allora, forse sta da un’altra parte. La colpa è del credito – denuncia uno studio di Confartigianato – che resta «molto rarefatto». E non è un caso quindi se poi gli investimenti continuano a scendere. «Le condizione del credito è scritto nel rapporto che La Stampa anticipa – appaiono ancora negative». Non siamo ai livelli degli anni più neri della crisi, ed anzi si registrano anche «alcuni segnali di miglioramento consistenti della minore intensità delle condizioni restrittive e nella riduzione dei tassi di interesse», eppure i rubinetti delle banche continuano a restare troppo chiusi. Secondo il bollettino di luglio della Banca d’Italia a maggio lo stock dei prestiti alle imprese diminuisce ancora del 4,5%, vanificando i segnali del mese precedente che suggerivano un arresto della caduta. Il calo riguarda tutte le tipologie di azienda e si va dal -3,9 delle piccole imprese al -4,6 delle aziende medio-grandi, sino al -3 delle famiglie produttrici.

«L’economia italiana stenta ad imboccare la strada della ripresa anche perché il credito, che dovrebbe essere il “motore ausiliario” per dare una spinta decisiva, gira ancora al minimo», commenta il presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti. «Quantità e qualità del credito bancario – aggiunge - rimangono inadeguate rispetto alle necessità espresse dalle aziende, soprattutto dagli artigiani e dai piccoli imprenditori. Per far risalire il Pil, tutti devono fare la propria parte, a cominciare dalle banche che non possono far mancare il carburante indispensabile a ridare slancio al nostro sistema imprenditoriale e a far ripartire l’economia».

Che le banche tendano a sminuire questi dati, non sorprende. Ma una fonte super-partes come può essere il ministro dello Sviluppo, Federica Guidi, conferma che negli ultimi tempi è in corso una significativa inversione di tendenza. «Stanno ripartendo i mutui per le famiglie e aumenta il credito al consumo – spiega – ma soprattutto gli stock dei crediti per le piccole e medie imprese finalmente, dopo anni, si sono stabilizzati e non calano più. E se flette il dato delle grandi aziende è solo perché queste adesso preferiscono approvvigionarsi sul mercato dei capitali». I numeri dello studio di Confartigianato, però, ci consegnato una realtà ancora molto problematica, anche nel raffronto internazionale: a giugno 2014 i prestiti alle società non finanziarie nel nostro Paese risultavano in flessione del 3,5% contro una media dell’Eurozona pari a -2,3%. Solo la Spagna fa significativamente peggio di noi (-9,4%), mentre in Francia e Germania le banche sono tornate ad aprire i rubinetti, aumentando i crediti concessi rispettivamente dell’1,5 e dello 0,6%. Penalizzante anche il livello dei tassi: in Italia le società non finanziarie, ad esempio, per i nuovi finanziamenti pagano un interesse del 3,09%, di 57 punti base sopra la media dell’Eurozona (2,52%). In Germania si arriva all’1,96%, ovvero 113 base in meno di noi.

Per questo restano ancora difficoltà nei rapporti con le banche: a luglio 2014, secondo l’Istat, la quota di imprese manifatturiere che non sono riuscite ad ottenere i finanziamenti richiesti o per il rifiuto della banca o perché hanno giudicato troppo onerose le condizioni dettate dalla banca è del 12,7%, in diminuzione rispetto al 16,% di un anno prima. Per le piccole imprese la quota sale al 14,5%, valore anch’esso in diminuzione rispetto al 20,3% del 2013.

Ma le banche, allora, se non finanziano le imprese, dove mettono i loro soldi? Investono sempre di più in titoli di Stato, segnala Confartigianato, creando un vero e proprio effetto di “spiazzamento” del credito alle imprese. Nei dodici mesi che vanno da maggio 2013 a maggio 2014 i titoli di Stato nel portafoglio delle banche sono aumentati di 7,7 miliardi di euro (+1,9%), mentre i prestiti alle imprese sono scesi di 29,9 miliardi (-3,2%). E così, mentre lo stock di titoli da settembre 2008 a maggio 2014 è aumentato di 293 miliardi toccando quota 402,9, i prestiti al sistema produttivo segnano un calo costante. A marzo 2014 ammontavano a 915,5 miliardi, dato che ci fa tornare indietro di ben sei anni.

Paolo Baroni


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