Economia
Renzi supera ancora di 20 punti il Pd
Mentre il dibattito politico ruota tutto attorno alle riforme , la fiducia nel governo registra un lieve calo
Ma il premier resta il politico più amato. Male Grillo, impennata di Salvini: è lui il leader del centrodestra?
Ma il premier resta il politico più amato. Male Grillo, impennata di Salvini:
Anche se perde qualche colpo, il Pdr mantiene la sua solidità. Tra il Partito Democratico e il Partito di Renzi, il Pdr appunto, ci sono almeno 20 punti percentuali. Perché se nelle intenzioni di voto il Pd rimane pressoché stabile al risultato delle Europee (oggi è al 40,5%), l’indice di fiducia nel premier - registrato dal sondaggio dell’Istituto Piepoli per La Stampa - raggiunge il 61%. Positivo, certo. Ma con una flessione non indifferente. Stessa sorte tocca alla fiducia nel governo, che segue di pari passo quella nei confronti del suo presidente: il 23 giugno l’esecutivo ha toccato il picco massimo del 69%, oggi è sceso al 58%, solo due punti in più della rilevazione effettuata due giorni dopo il giuramento.
Evidentemente l’ultimo mese e mezzo ha lasciato il segno: da un lato dati economici sempre più preoccupanti, dall’altro liti su emendamenti incomprensibili, risse da bar in Parlamento e «canguri» di peluche. In questo contesto, Palazzo Chigi ha pagato il prezzo della sempre più dilagante sfiducia verso la politica. Eppure gli italiani non vedono le urne all’orizzonte, anzi. Solo il 14% pensa di tornare al voto entro la fine dell’anno, mentre il 38% è convinto che questo esecutivo si spingerà fino al 2018, alla scadenza naturale della legislatura. Uno su quattro, invece, gli dà un anno di vita.
E se oggi gli italiani dovessero entrare nella cabina elettorale? Una premessa: rispetto alle Europee di maggio non cambierebbe molto. Ma il dato più impressionante riguarda lo scostamento tra l’apprezzamento per i principali partiti e quello per i rispettivi leader (che, dato non da sottovalutare, sono tutti extraparlamentari). Detto di Renzi (che vale il 61% contro il 40,5% del Pd), l’effetto «trascinamento» è impressionante per la Lega di Salvini. Il Carroccio è salito al 7% nelle intenzioni di voto, ma la fiducia nel suo segretario è addirittura al 22%. Sei punti più di Berlusconi (16%), che comunque si mantiene non molto distante da Forza Italia (15% nelle intenzioni di voto) e che dopo una leggera flessione è riuscito a guadagnare terreno grazie all’assoluzione nel processo Ruby. Evidentemente sono molti gli italiani che si sono fatti condizionare dalla sentenza.
Poi c’è il caso Grillo. A prima vista, il carisma del comico è indispensabile per il successo dei Cinque Stelle. Ma i dati raccontano un’altra realtà. Certo, a livello nazionale il Movimento va molto meglio che a livello locale (vedi voto amministrativo), ma non è detto che questo sia dovuto solo all’effetto-Grillo. Le intenzioni di voto per il M5S sono stabili al 21,5%, ma la fiducia in Grillo non supera il 12%. Uno scollamento significativo. Proprio in un periodo in cui il leader ha scelto di mantenere un ruolo più defilato, mandando avanti i parlamentari. Una strategia che potrebbe essere la causa dello scollamento. O forse la conseguenza.
marco bresolin