ebook di Fulvio Romano

lunedì 11 agosto 2014

No al contromano in bicicletta...

LA STAMPA

Italia

In bicicletta contromano

L’Italia fa retromarcia

La commissione trasporti dice no, insorgono le associazioni di ciclisti

Anche l’allora leader dei conservatori inglesi David Cameron incappò in una delle tentazioni più insidiose per gli amanti della bicicletta in città: il contromano. Beccato da una telecamera mentre pedalava, senza scorta e con caschetto, in controsenso in un viale di Notting Hill, non potè che pagare la multa e scusarsi. La sua disavventura però non gli fu mai d’impiccio, anzi: da lì a poco i cartelli londinesi del senso vietato vennero ritoccati con l’indicazione «eccetto bici», per la gioia dei bikers.

Andare contromano sulle due ruote è permesso in Germania, Francia, Belgio, Svizzera e nei paesi del Nord Europa. Secondo i sostenitori della norma per i ciclisti sarebbe ancor più sicuro, proprio come quando si è a piedi: d’altra parte anche le mamme consigliano di camminare per strada nel senso opposto dei veicoli, per poter vedere chi arriva e per farsi meglio vedere da chi ci viene incontro. E poi c’è la comodità: che senso ha pedalare chilometri in più seguendo le logiche pensate per le automobili, quando si può imboccare una scorciatoia?

Ma quel che è la normalità nel resto d’Europa, resterà un sogno - a lungo accarezzato - per i ciclisti italiani: la possibilità di introdurre nel codice della strada il «controsenso ciclabile», il cosiddetto «senso unico eccetto bici» è stata spazzata via da un emendamento presentato da Scelta Civica e accolto dalla commissione trasporti della Camera.

Nessuna possibilità per i ciclisti di procedere in senso inverso a quello delle auto, nemmeno con tutte le limitazioni del caso: la proposta non riguardava tutte le strade, ma solo le aree dove il limite per le automobili è già di trenta chilometri orari, con una carreggiata larga più di quattro metri e sempre a discrezione del sindaco.

Insorgono le associazioni dei ciclisti, che a buon titolo potevano sperare che si trattasse ormai di cosa fatta. All’inizio dell’anno il governo presentò la «rivoluzione della bicicletta»: oltre a prevedere l’istituzione di aree «a preferenza ciclabile», dove il codice della strada è derogabile e chi pedala è al primo posto, tra i punti principali spiccava proprio la possibilità di permettere alle bici di marciare in ambedue i sensi.

Due anni fa anche il ministero dei trasporti si espresse a favore delle tesi della Fiab, la Federazione italiani amici della bicicletta. Un’apertura subito colta da molti sindaci, anche se ora è difficile sapere che ne sarà delle sperimentazioni nate sulla scia del favorevole parere ministeriale. Reggio Emilia, Lodi, Pesaro, Lodi, Bolzano sono le città che hanno scelto di sperimentare il controsenso consentito e che ora dovranno fare i conti con un Codice della strada che non ammette deroghe. Se ne è a lungo discusso anche a Firenze, Torino e Milano, ma a meno di una nuova battaglia a colpi di emendamenti per i ciclisti italiani il senso unico è un divieto che non si può proprio aggirare.

nadia ferrigo


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