ebook di Fulvio Romano

venerdì 4 settembre 2015

L’Occidente nella trappola siriana. Nessuno vuole mandare le truppe di terra

LA STAMPA

Esteri

L’intervento armato

Raid aerei insufficienti


di 

maurizio molinari

Dopo quattro anni di guerra che ha causato 240mila vittime e quattro milioni di profughi, Usa e Ue non hanno una via d’uscita e non riescono ad aiutare i civili. E nel frattempo l’Isis avanza. E ora quali soluzioni ?

«Fermate la guerra e non verremo in Europa». Le parole del bambino tredicenne siriano ai poliziotti ungheresi nella stazione di Budapest pongono il legittimo interrogativo su cosa l’Unione europea e l’Occidente potrebbero fare per porre termine al conflitto nella Repubblica di Siria, iniziato nel marzo 2011, che ha già causato 240 mila vittime, 4 milioni di profughi all’estero, 7 milioni di profughi interni ed immani distruzioni materiali, proiettando verso il Vecchio Continente almeno 250 mila disperati che minacciano di moltiplicarsi.

Le opzioni a disposizione per risolvere o quantomeno arginare la guerra civile sono tre: soluzione militare, compromesso diplomatico e aiuti umanitari. Su ognuno di questi fronti la comunità internazionale agisce al momento con risultati assai scarsi facendo emergere una miscela di titubanze politiche, rivalità strategiche e carenze di impegno finanziario che rendono impossibile perseguire le soluzioni possibili ovvero l’invio di contingenti di terra, un accordo sulla transizione dopo-Assad oppure un vasto e ben coordinato piano di aiuti di emergenza. Questa pagina spiega perché le soluzioni possibili per la Siria restano ancora troppo lontane.

L’intervento armato per avere successo deve portare alla fine dei combattimenti che al momento vedono impegnati circa 5000 diversi gruppi militari inclusi quattro attori principali: il regime di Bashar Assad, lo Stato Islamico (Isis), la coalizione islamica «Esercito della Conquista» e l’Esercito di liberazione. La coalizione internazionale, guidata dagli Usa, da un anno effettua raid aerei contro i jihadisti di Isis ritenendo che sia la soluzione tattica migliore per arrivare alla fine del conflitto. Ma Michael O’Hanlon, esperto di strategia della «Brookings Institution» di Washington, afferma che «servono le truppe di terra» per prevalere. Immagina un contingente di truppe speciali «di 2000-3000 uomini» in «azioni tipo blitzkrieg» per dare la caccia ed eliminare ovunque a cellule jihadiste e terroristi. «Ma il problema è che Obama non vede la sconfitta di Isis come un interesse nazionale - spiega Max Boot, arabista del Council on Foreign Relations - e di conseguenza l’invio di truppe di terra non è ipotizzato». Anche Richard Dannatt, ex capo di Stato Maggiore delle forze britanniche, è a favore dell’invio di «almeno 5000 uomini» ma il premier Cameron non gli dà ascolto perché non solo in America ma neanche in Europa c’è un leader pronto a guidare un intervento di terra. «In tale situazione continueremo i raid dall’aria – osserva Rosa Brooks, alto funzionario del Pentagono fino al 2011 – ma avrà lo stesso effetto dell’intervento Nato in Kosovo, salvando la vita dei nostri soldati senza fermare le stragi di civili». Poiché l’Occidente non vuole mandare i soldati per porre fine alla guerra civile, l’altra ipotesi è che a farlo siano i Paesi della regione. Il re giordano Abdullah ha detto più volte «tocca a noi farlo» e il ministro degli Esteri saudita ha parlato di «truppe di terra» ma tutto è rimasto sulla carta. L’unica nazione con soldati in Siria è l’Iran: la Forza Al Qods sorregge Assad. Ma ciò non fa altro che prolungare la guerra. [m.mo.]