Cultura
Ebola, l’Africa torna al Medioevo
Un virus spietato come quello di Ebola - che sta imperversando nell’Africa occidentale con una violenza mai vista prima - s’incarica di ricordarci, in pieno XXI secolo a che punto fosse grande, negli Anni Settanta, la presunzione e l’orgoglio, l’hybris, frutto dell’eradicazione del vaiolo e delle vittorie sulla poliomielite.
Ma anche quanto incauto fosse l’ottimismo su un futuro asettico e libero da minacce epidemiche e malattie contagiose.
A mettere in crisi le certezze ha cominciato, nei primi Anni Ottanta - proprio mentre l’Organizzazione mondiale della Sanità annunciava l’ambizioso progetto «Salute per tutti nell’anno Duemila» - una malattia virale del tutto «nuova», l’Aids che, inaspettata e imprevista, compariva sulla scena, rovesciando un ordine medico-sanitario che si pensava stabile nella società del benessere e mettendo in crisi l’enorme sapere - potere della Medicina, impotente a curarla. E’ stata poi la volta di varie infezioni virali alle nostre latitudini e ad altre, mai abbastanza lontane in un mondo globalizzato: il corona-virus della Sars; l’influenza aviaria in Oriente, frutto dell’incontro tra l’uomo e quei serbatoi o vettori d’infezione che sono, a volte, gli animali. Sarebbero animali della foresta come i pipistrelli della frutta, scimpanzé e scimmie ad ospitare il virus della febbre emorragica Ebola in Africa, che da tempo occupa un posto nell’immaginario globale come una fucina di malattie epidemiche. Un virus spaventoso per diverse ragioni, a parte la mancanza di vaccini e farmaci e la possibilità che inquieta il governo Usa sul suo possibile uso come agente di bioterrorismo. Una riguarda il mistero che lo circonda e la scarsissima conoscenza su cui si può contare, comprese le sue origini. Un’altra, davvero preoccupante, è la scarsa e indebolita capacità degli organismi sanitari internazionali nel fronteggiare questa terrificante epidemia che, in queste settimane, sta facendo riemergere, nel terzo millennio, il Medioevo della Morte nera nel cuore dell’Africa.
Così come avveniva intorno ai villaggi italiani investiti dal fuoco del contagio, dove uomini armati sparavano a vista su chi tentava di penetrare nei centri abitati, nel timore che portasse il contagio, in queste ore, ragazzi e uomini, armati di machete e bastoni minacciano le squadre delle agenzie umanitarie e gettano sassi sulle automobili della Croce Rossa, dei medici e dei rappresentanti di enti di beneficenza stranieri, sospettati addirittura di diffondere la malattia, come, del resto, i governi e i funzionari pubblici, in alcuni Paesi come Sierra Leone. Immagini drammatiche che potremmo immaginare come scene d’apertura di uno dei tanti film apocalittici in cui un virus killer minaccia la sopravvivenza stessa della civiltà, seminando terrore e panico. Ma nei Paesi in cui l’epidemia di Ebola uccide in modo brutale e veloce non si sta girando un film. I timori sulla mancanza di controlli sanitari in Africa e sui movimenti attraverso frontiere e Paesi si stanno diffondendo: questa emergenza va affrontata, con una maggiore collaborazione internazionale e con tutte le parti interessate, riconoscendo la natura globale della minaccia e la moltitudine di fattori che vi contribuiscono.
Eugenia Tognotti